Datagate, cosa cambia per Facebook nel rapporto con l’automotive?
di Andrea Tartaglia*
Se ne è parlato molto e se ne continuerà a parlare a lungo. La vicenda dei dati degli utenti Facebook finiti a Cambrindge Analytica sta impattando sul mondo dei social network. Cosa cambia per Facebook nel rapporto con il mondo automotive?
Cambridge Analytica: un nuovo Datagate?
La vicenda che ha come protagonista Cambridge Analytica ha aperto un nuovo fronte sulla raccolta e sulla gestione dei dati degli utenti da parte dei social e dei motori di ricerca. Stavolta non sarebbe coinvolte le istituzioni, ma un’azienda privata inglese, Cambridge Analytica, appunto.
Tra Facebook e Cambridge Analytica si colloca un terzo protagonista: Aleksandr Kogan, il quale realizzò un’applicazione chiamata “thisisyourdigitallife” che prometteva di produrre profili psicologici e di previsione del proprio comportamento, basandosi sulle attività online.
Dov’è la fregatura? Che Kogan poteva raccogliere i dati per finalità di studio, come consentito dalla policy di Facebook, ma non poteva passarli a Cambridge Analytica, come invece ha fatto. Questi dati sono stati poi utilizzati per influenzare il voto degli americani alle presidenziali del 2016 e degli inglesi per il referendum sulla Brexit.
Di fatto, Facebook non è stato “bucato” e non ha venduto i dati dei propri utenti. Ma l’aver saputo già dal 2015 del passaggio illegale di dati – chiedendone a Cambridge Analytica solo la cancellazione senza ulteriori passi legali – pone il Social Blu in una posizione delicata. Le successive scuse di Mark Zuckember e la promessa di maggiore attenzione non sembrano aver impressionato molto. Di questa storia se ne parlerà ancora.
Musk via da Facebook. Un piccolo terremoto
E veniamo a noi, contestualizzando il recente Datagate: cosa cambia per Facebook nel rapporto con il mondo Automotive? Può sembrare una domanda banale, ma non è un mistero che il marketing automotive (sia delle Case sia dei concessionari sia della filiera) ponga molta attenzione e risorse nei Social.
A scatenare un piccolo terremoto è stato il sempre geniale Elon Musk, non poteva essere altrimenti! La storiaccia di Cambridge Analytica ha scatenato una nuova tendenza: il #deletefacebook, che spinge gli utenti a lasciare il cocial di Palo Alto.
E il buon Musk, commentando, prima l’ha toccata piano tweettando “Facebook chi?” Poi, incalzato da un utente che lo invitava a cancellarsi da Facebook, ha promesso che lo avrebbe fatto. Aggiungendo di non sapere neppure di avere una pagina. Promessa mantenuta: in poche ore sono sparite le pagine Facebbok di Tesla e di SpaceX.
Sommate, le due pagine facevano oltre 2 milioni e mezzo di like. Una cosa che mi ha fatto riflettere, soprattutto pensando a quante aziende automotive – ma anche quanti siti di informazione di settore – spendano tempo, energie e soldi per avere 20/30/50mila like sulla propria pagina (a volte con metodi discutibili).
E adesso?
Come dicevo, la decisione di Musk di rimuovere (o sospendere, non è chiaro) le pagine Facebook di Tesla e SpaceX rappresenta un piccolo terremodo. Un terremoto che deve far riflettere il mondo automotive, abituazto ad utilizzare i social per creare community attraverso pagine profili con lo scopo di ingaggiare potenziali clienti.
Il punto è che una pagina Facebook non è di proprietà dell’autore, ma di Zuckemberg. L’abilità deve essere quella di convertire il “like” in qualcosa di più concreto: quello che generalmente viene definito “lead”, un utente potenzialmente interessato ad acquistare un bene. Nel nostro caso, un’auto o un prodotto/servzio connesso al mondo automotive.
Due riflessioni utili per rafforzare il rapporto con i potenziali clienti auto. Dunque, vediamo due punti che il rapporto tra Fecbook e l’automotive mi ha suggerito. Punti che confermano – secondo me – la centralità del ruolo dei dealer nella filiera dell’automobile, anche in rapporto all’ipotesi di acquisto online.
Acquisisci online, coltiva offline. L’importanza del “tocco umano”
Facebook è un ottimo strumento per acquisire i contatti di potenziali clienti. È stato così e continuerà a esserlo anche dopo la tempesta del Datagate. Ma dopo aver acquisito un contatto bisogna coltivarlo, fino a farlo diventare un “lead caldo”, cioè una persona veramente interessata comprare. Il “cosa comprare” dipenderà da molti fattori.
Coltivare un cliente (lead nurturing) è un processo a volte lungo, ma efficace. E va fatto anche – e soprattutto – con iniziative offline: eventi, telefonate, comunicazioni cartacee. Tutte attività che aumentano il rapporto interpersonale, da cui spesso dipende la chiusura di un contratto. Attività che richiedono una costante presenza sul territorio, e quindi confermano il ruolo centrale dei dealer.
Media tradizionali? Sono utili, anzi, indispensabili!
Nel mondo digitalizzato sembra non esserci più spazio per i media tradizionali. Da tempo si paventa la fine di giornali e radio a favore del web. Eppure non è così. Sempre restando nel tema della centralità del rapporto interpersonale, è fondamentale che le campagne locali vengano veicolate su media che abbiano un rapporto più profondo con il territorio.
Non è un mistero che le radio e i giornali locali abbiano un buon appeal sugli utenti. E possono essere una leva importante per i dealer, che devono fare del rapporto con gli utenti e della conoscenza del territorio di competenza le leva di vendita.
Creare un rapporto diretto con i clienti
Credo di poter sintetizzare questo articolo e la lezione che possiamo trarre dalle vicende che interessano Facebook con un concetto tanto semplice quanto importante: va creato un rapporto diretto con in clienti e con i potenziali clienti. Per farlo, i social rappresentano solo il punti d’inizio, poi serve un lavoro certosino da parte dei dealer.
*Webwriter & blogger specializzato in automotive