di Carlo Tritto, Policy Officer per Transport & Environment Italia
Mai come durante la COP26 si sono evidenziati i limiti e le incompatibilità che le nostre economie, basate sulle fonti fossili, hanno sulla salute del Pianeta. Se a livello internazionale è molto positiva l’adesione dell’Italia alla dichiarazione per mettere fine alle garanzie pubbliche per nuovi progetti di estrazione di petrolio e gas (dirottando così 8 miliardi di finanziamenti dalle fonti fossili all’energia pulita), dall’altra è un’occasione persa per l’Italia non aver aderito agli impegni assunti alla Cop da altri Stati per dire addio alle auto a carburanti fossili entro il 2035.
Eppure l’Italia detiene il record europeo per densità di automobili (655 ogni 1.000 abitanti) e non stupisce che il settore dei trasporti sia il principale driver delle emissioni di gas serra italiane, circa un quarto del totale. Come mostrano i recenti dati Ispra, solamente le auto sono responsabili del 16% delle emissioni climalteranti della nostra economia. Questi numeri provano quanto sia urgente accelerare non solo nelle politiche e scelte internazionali, ma soprattutto su quelle nazionali, rischiando altrimenti di risultare incoerenti.
Le priorità d’intervento del governo italiano devono essere due: ridurre il parco delle auto circolanti e spingere verso una sua decisa elettrificazione. Le auto elettriche già oggi possono abbattere drasticamente le emissioni di gas serra e contemporaneamente evitare, non avendo il tubo di scappamento, migliaia di morti premature dovute alla qualità dell’aria. È dalle auto che bisogna iniziare a dimostrare la volontà di passare dal bla bla bla all’azione: l’Italia deve supportare in sede europea il 2035 come data di phase-out per veicoli endotermici e favorire target intermedi ambiziosi, al contrario di quanto dimostrato durante la giornata odierna alla COP. Solo così potrà accompagnare l’industria nella trasformazione del settore dei trasporti verso le zero emissioni.