Crisi dei Chip e mondo Auto : beata “Causa di Forza Maggiore”!

di Riccardo Bellumori, consulente e blogger Automotive

Tempo fa, durante una passeggiata domenicale, ho fatto una scoperta sconvolgente: ho ritrovato, nascosto sotto l’incavo di un albero millenario, il famoso e inestimabile “Manuale di Bertoldo”. Sì, proprio lui, quello che riuscì a non farsi impiccare perché alla fine non scelse mai l’albero destinato al suo patibolo. In questo pratico Manuale, il furbo contadino volle consegnare ai posteri i suggerimenti per consentire a chiunque, destinato alla sua inevitabile condanna, di poter costruire in qualche modo un evento liberatorio…..C’era, non ci crederete, anche il capitolo futurista dedicato al mondo Auto post – Covid…..Non ci credete, veh? Ma di sicuro state credendo fino in fondo alla crisi dei Chip, sicuramente.

 

Mondo Auto in crisi, ok… Ma anche Bipolare ?

Facciamo finta che ci creda ciecamente anch’io: non esiste comparto industriale o commerciale al mondo che non viva di semiconduttori, che di fatto sono” la “componente industriale fondamentale di tutto il mondo produttivo. Chiaro che in assenza di scorte e rifornimenti, difficile tagliare approvvigionamento e utilizzo nei comparti cosiddetti di vitale supporto, quali quello Sanitario, della Logistica e della Difesa, ad esempio. Non è questa la meraviglia, tuttavia l’eco di una crisi nelle forniture di semiconduttori in questi comparti è stata decisamente ridotta.

 

Come mai il comparto Auto, dove la Supply Chain è non solo globale ma regolarmente ben fornita anche in tempi di Lean Production e Just in Time, ha suonato la sveglia in modo così eclatante per primo?

Senza contare che la comunicazione Automotive deve essere curata ultimamente dai discepoli di Robert Louis Stevenson. Da un lato c’è il mercato “Jackill”: quello delle Ibride e Z.E. in cui i costruttori continuano a professare le magnifiche sorti e progressive, nonostante la presenza di semiconduttori ed elettronica sia spaventosamente maggiore per unità di prodotto; e poi c’è il comparto produttivo “Hyde” in cui le linee di montaggio delle vetture convenzionali si fermano per mancanza di approvvigionamenti. E come mai settori vicini all’Automotive (mezzi agricoli, logistica, motoveicoli…) nonostante trend di crescita altissimi non suonano l’allarme? Certo, fanno meno pezzi nel corso dell’anno, ma dovrebbero proporzionalmente accusare anche loro una carenza. Eppure, apparentemente nessun allarme! Come mai?

Senza dimenticare che alla luce della mole di giacenze invendute e di Stock Usato commercializzabile, per certi versi un blocco imposto della produzione mondiale dovrebbe essere visto dai più come una benedizione.

 

Causa di Forza Maggiore, benvenuta!

Dicesi “Causa di forza maggiore” la salvaguardia che un soggetto obbligato verso un altro può invocare qualora una inadempienza obbligata per vincolo contrattuale possa essere motivata da eventi indipendenti dalla volontà della parte inadempiente. Il Covid-19 ha fornito una prima panoramica di ricorso mondiale alla Causa di Forza Maggiore, non solo in ambito produttivo, ma anche finanziario, assicurativo, e contrattuale. In pratica, una “bolla protettiva” nella quale scadenze, obbligazioni ed adempimenti sono stati doverosamente sterilizzati della parte penitenziale. Ma prima o poi la legislazione di urgenza finisce, e con esso la franchigia giuridica, e la “pax et bonum” conseguente.

I primi settori di mercato a farne le spese sono ovviamente quelli globali, e in cima alla lista quelli la cui vitalità deriva da una catena allungata di SupplyChain. L’Automotive appunto. Le imprese obbligate da un anno a invocare l’improcedibilità temporanea – se non addirittura l’estinzione delle obbligazioni non realizzate – a causa del blocco mondiale della subfornitura e del workflow commerciale e produttivo, fanno oggi i conti con un mercato 2020 che (dati Anfia) ha perso per strada rispetto all’anno prima il 6% in Cina, il 24% in Europa, il 15% negli Usa  e circa il 10% in Giappone e Russia. 

 

La profezia di Marchionne

Le prime statistiche del 2021 non prospettano la svolta necessaria a ripristinare liquidità e programmazione produttiva, ma anche a compiere “obtorto collo” quella profezia del rimpianto Sergio Marchionne il quale, nel 2008, disse che alla fine della crisi, il mondo Auto avrebbe visto attivi solo sei Costruttori globali e di massa (cit.) “uno americano, uno tedesco, un franco-giapponese con ramificazione negli Usa, uno in Giappone, uno in Cina e un altro Player in Europa.”. Al di là della classificazione, questo numero sembra prepotentemente all’orizzonte. Per arrivarci, i costruttori destinati a fondersi e inglobarsi debbono presentarsi tutti più o meno in piedi sulle loro gambe. Non conviene al settore che questo non accada. E soprattutto non conviene sotto l’aspetto finanziario e di Borsa che i costruttori arrivino alle scadenze (a mio avviso scriteriate) che le diverse Istituzioni hanno dettato per la fine della circolazione o commercializzazione nel mondo delle vetture convenzionali.

 

Le Borse calano, ma potrebbero far peggio

Quanto detto appena sopra, dovrebbe contraddirmi. La tanto ridondata crisi dei Chips ha portato il settore Auto a perdere globalmente due o tre punti percentuali sui mercati finanziari mondiali. Ma chi investe nel comparto in questa fase è influenzato molto poco dalle performance di vendite e quote di mercato “convenzionale”, ma pesano molto di più nelle scelte dei gestori le aspettative e le promesse di investimento nella mobilità ecologica e nel superamento degli attuali canoni produttivi ed industriali classici. 

Ecco perché il piccolo crollo di Borsa legato alla crisi dei Chips mi conforta nella ipotesi che tutto questo paventi un ricorso generalizzato alla cosiddetta “Causa di Forza Maggiore”. L’investimento in mobilità ecologica parte in primis dalle scadenze istituzionali, che a loro volta partono dalla empatia della massa elettorale con il tema ambientale, il quale infine trae forza dalla reale capacità di ottenere volumi di vendita e margini.

 

Tira più un filo di Chip che una 1.000 cavalli a benzina?

A nessuno sfugge l’evidenza che la parte elettronica di tutto il comparto Automotive mondiale rappresenta attualmente la fase industriale più monopolista e “latifondista” dei tempi moderni. Perché a guidarla non sono solo i Brevetti ed il Know How, ma ancora di più la reperibilità delle necessarie Materie Prime che – guarda caso – si trovano in Aree e Continenti ben distinti nel Globo, e dunque imprescindibili. Guarda caso, si tratta di aree geo-politiche attualmente scottanti. Tutto il resto della produzione di Subfornitura meccanica si estende ai quattro angoli del Pianeta, ma le fonti di approvvigionamento i semiconduttori, di apparati di ricarica, di supporti elettronici, sono preponderanti attualmente in Aree ben precise. Fa pure impressione, in tal senso, il fatto che anche i contratti di subfornitura di semiconduttori siano penitenziali, e che dunque l’effetto domino della Causa di Forza maggiore debba in primo luogo essere partita proprio dagli stessi subornitori. Ma con buona pace dei committenti, evidentemente.

 

Causa di Forza maggiore e il 2023 che verrà. Torna tutto in discussione?

Analizziamolo con un poco di cinismo, questo benedetto mondo Automotive mondiale: troppi player, relazioni industriali e sindacali insostenibili, paura della concorrenza e dunque la prossima “Block Exemption Rules” (B.E.R) del 31/05/2023 vista come il fumo negli occhi; esigenza di ristrutturazione finanziaria e di Branding da parte dei Costruttori, e soprattutto la tagliola ecologica dietro l’angolo. Ma non basta: dall’altro lato, il mercato in calo non risparmia al mondo Auto il corretto e regolare adempimento delle obbligazioni contrattuali, delle consegne, della garanzia su autoriparazioni e disponibilità di componentistica, e il rispetto dei mandati commerciali in corso.

E allora…… “darsi malati” con una bella sequela di Cause di Forza maggiore? “A da passà ‘a’ nuttata”…..Questo potrebbe essere un modo, quasi indolore: se la colpa è di nessuno, la redenzione è garantita a tutti!

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