Cinquantino, genesi di una passione
di Federico Falsini
Il “Cinquantino”: genesi di una passione Lo anticipo subito: se apprezzerete questo articolo significa (ahimè) che avete passato i 40 anni da un po’. Perché, ormai da qualche generazione, i 14enni non hanno più quel desiderio di imbracciare il manubrio di “tuboni” o “scooterini”. La passione per i motori mi è stata trasmessa da mio padre e mio zio. Il genitore ha purtroppo a suo tempo assistito il passaggio di consegne tra i 4 tempi (aveva un Motom 48 Sport) e i più performanti 2 tempi (uscivano allora i vari Beta e Italjet). Anni in cui la misurazione del livello di “macho” si faceva su strada e non con atti di bullismo. Pertanto anche se oggi ricorda svariati aneddoti con il sorriso, si riconosce ancora una certa invidia quando parla degli amici che gli davano la paga con “48” da oltre 100 all’ ora… Nello specifico parlerò dei cinquantini per i 14enni della fine del anni ’80. Sarò più preciso, quelli dell’88. È bene essere fiscali perché, come ricorderanno i più, i modelli nuovi uscivano con cadenze quasi semestrali. Quindi, tra il 1985 e il 1990 vi era un abisso a livello di design e caratteristiche tecniche.
La scuola Piaggio
Quando Piaggio regnava… Iniziamo con il dire che i due “cinquantini” più diffusi erano la Vespa e il Sì, entrambi della pisana Piaggio. Normalmente la Vespa veniva comprata di seconda mano e immediatamente elaborata. Si narra di cilindri alesati durante la fase di trattativa…(sto scherzando ovviamente). Il Piaggio Sì era diffusissimo, una bicicletta esteticamente carina con il motore e dal prezzo tutto sommato contenuto. Ricordava il mitico Ciao, allora ancora in vendita, ma più “robusto”. Come per le Vespe e altri motorini, le marmitta Giannelli o Proma erano di rigore. Molti montavano altrimenti la cosiddetta “americana”, ovvero uno scarico standard solo più aperto. Guadagno circa 10 km/h. Scarsi.Tra questi ultimi rientravo anche io. Sigh! …e i tuboni correvano.
Arrivano le marce
Passiamo quindi a quelli “a marce”, i “tuboni” con trasmissione a 4 velocità o più. Beta M4, M5 o M6 erano tra i due ruote più veloci anche perché l’accesso al motore e alle sue parti era molto agevolato. Cambiare un carburatore era un gioco da ragazzi… Quello che è stato il mio sogno diurno (quello notturno era già occupato da Samantha Fox in tutte le pose del calendario), era il Malaguti Fifty. Ne facevano più versioni, uno dei miei più cari amici aveva il Full CX nero (a proposito, Saverio a distanza di anni scusa ancora, tu sai di cosa parlo…). Quattro marce, raffreddato ad aria, uno dei primi ad avere il freno a disco anteriore. Ma visto che di sogni si parlava era il modello superiore a farmi impazzire: il Fifty Top. Il quale aggiungeva al primo grafiche più accattivanti e il motore raffreddato a liquido. Ancor oggi mi domando se fosse stato necessario un radiatore per raffreddare un cilindro di un pistone grande come una tazzina da caffè. Ma faceva tanto “moto.
Le piccole moto
Poi, per i più facoltosi, c’erano proprio delle moto in miniatura. Ricordo l’Aprilia AF1 o il Tuareg 50, il Gilera RC50, il Malaguti Dune tra gli altri (e ce n’erano tanti di modelli). Moto stradali o enduro, con prezzi da capogiro per l’ epoca. Però se ne vedevano per strada, perché il culto del motorino c’era ed era ben radicato. Si andava con pioggia, neve, vento, sole. Quasi tutti abbiamo baciato l’asfalto più volte, ma nella maggior parte dei casi solo con lievi abrasioni. Nella quasi totalità degli sfortunati eventi si cascava, ci si dava una scrollata da polvere e sassi raccattati dall’asfalto e si rimontava in sella tipo pilota MotoGp. Non perché ci aspettasse un trofeo al traguardo di casa, ma la prendevamo con filosofia. Il più delle volte anche i danni al motorino non superavano l’acquisto odierno di un nuovo cellulare rotto per una caduta. Anzi, al cambio attuale forse si ricomprava l’intero motorino. Il tempo scorre via come la miscela in un carburatore Dell’Orto.
Cambiano tempi e tendenze
Da quest’ultima considerazione vorrei appunto concludere con una piccola riflessione. Il mondo cambia e cambiano i giovani. Inevitabilmente. Non sto qui a discutere se hanno ragione o torto a infischiarsene del “cinquantino” preferendo un smartphone di ultima generazione. Però ricordo ancora (e mio babbo ne è testimone) come già dai 13 anni cominciai a fare una sorta di “conto alla rovescia” dei giorni che mi separavano dai fatidici 14 anni. Pazzo? Forse, ma il desiderio per quel motore da 1,5 cv tanto bramato si sarebbe poi trasformato in una passione vera che perdura ancor adesso. Auguro ai 14enni di oggi di avere tra 30 anni le stesse emozioni che a noi, 40-50enni del 2018, hanno permesso di non dimenticare troppo di quel brufoloso ragazzetto che era sempre con il gas in mano. Per fortuna.