C’era da aspettarselo: è la guerra dell’energia

 

di Pierluigi Bonora

 

La situazione incandescente nella quale il mondo è piombato, a causa dell’attacco russo all’Ucraina, rischia di trasformare la tempesta perfetta che ci colpisce da più di due anni in uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili. Prima la pandemia, quindi l’emergenza gas con l’impennata di bollette energetiche e prezzi dei carburanti, e ora la guerra scatenata da Vladimir Putin. Tutte situazioni che, al di là della tragedia Covid-19, hanno drammaticamente messo in luce lo stato di impreparazione a possibili crisi energetiche (tra l’altro, già vissute in passato); la mancanza di lungimiranza nell’approvvigionamento delle risorse e per arrivare a non essere più dipendenti dagli altri Paese; e i danni che ideologia e bla-bla-bla telecomandati continuano imperterrite a fare.

 

Come non pensare che tutto quanto sta accadendo (pandemia esclusa) sia da mettere in relazione anche ai nuovi interessi e appetiti derivanti da un progetto di transizione energetica, valido nei fini (decarbonizzazione, pulizia dell’aria che respiriamo), ma indubbiamente male organizzato, rendendolo praticamente irrealizzabile guardando alle scadenze troppo ravvicinate, e soprattutto palesemente sbilanciato verso soggetti a cui è ora difficile togliere il bastone del comando.

 

E se un tempo era soprattutto il petrolio a dettare le regole del gioco, a fungere da ago della bilancia ora sono il gas (in mano alla Russia, ma anche all’Ucraina), le materie prime utili per la mobilità elettrificata (qui domina la Cina che si è accaparrata la maggior parte dei giacimenti) e i semiconduttori (Taiwan) la cui mancanza ha messo in ginocchio, nel caso specifico, l’industria automotive.

 

Il caro gasolio ha provocato l’ira degli autotrasportatori e presto potrebbe essere altrettanto per gli automobilisti con la benzina a oltre 2 euro il litro, la mancanza di gas nel momento in cui Putin chiuderà i rubinetti farà il resto. L’Italia rischia di soffrire di più da scenari del genere. Chi in passato (referendum su Chernobyl a parte) e anche di recente ha imposto politiche energetiche suicide e ha continuato a chiudere su piani di recupero razionali, rifletta sul disastro ormai alle nostre porte. Ma a pagare non saranno loro.

 

2 Comments

  1. Pietro Rubino says:

    Sappiamo benissimo che non pagheranno perché anche questo rientra nel gioco democratico. Non ci resta che cautelarci per il futuro chiedendo azioni politiche più lungimiranti e incisive quando fra poco andremo a votare. La transizione energetica che sta toccando la nostra mobilità (e la nostra libertà) ci ha reso più consapevoli delle imposizioni e dei soprusi che si stavano addensando sulle nostre teste. Ma certo avrei preferito pagare qualsiasi tributo pur di non vedere la devastazione e le sofferenze dell’Ucraina e l’esplodere di una guerra che sta mettendo a nudo il nostro pressapochismo economico. Così come accorreva un piano energetico prima di passare dai motori endotermici a quelli elettrici occorre ora un totale ripensamento sulle nostri fonti di gas, petrolio, geotermiche, idroelettriche, solari, eoliche, dell’idrogeno e del nucleare, anche se mi sembra impossibile possa parlarsene fra chi non riesce a eliminare neanche le scorie radioattive.

  2. ROMEO EVANGELISTA says:

    La faccenda della pericolosità della CO2 e della sua influenza sui cambiamenti climatici è solo una bufala
    inventata per spillare soldi sotto forma di tasse che servono solo ad arricchire gruppi finanziari ai quali della
    salvezza del pianeta non importa nulla. Il pianeta si salva comunque da solo nonostante la nostra idiozia.
    La transizione ecologica arricchisce : Germania (pale eoliche), Cina (pannelli solari e batterie), varie case automobilistiche che stanno approfittando della mania delle auto elettriche sulla cui affidabilità e convenienza ci sono ancora parecchi dubbi .

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *