“Car of the Year”: si è perso il vero spirito

di Piero Evangelisti

«Car of the Year», il riconoscimento internazionale più ambito dalle Case automobilistiche che viene assegnato al nuovo modello che, secondo la giuria composta da 61 giornalisti europei, è il migliore tra quelli usciti nei dodici mesi precedenti. Quest’anno, dalle sette nomination è uscita vincitrice la full-electric Kia EV6. È la prima volta per un’auto coreana, rafforzata dal terzo posto di Hyundai Ioniq 5 realizzata sullo stesso pianale. Tra le due, al secondo posto si è classificata la nuovissima Renault Mégane E-Tech Electric.


Un podio tutto elettrico, insomma, quasi scontato, al di là dei meriti delle vetture, visto che delle sette candidate sei erano elettriche pure. Unica concorrente a motore termico la Peugeot 308, ultima generazione di un modello che in passato ha conquistato il titolo per due volte (una come 307). La compatta del Leone, ora in Stellantis, insomma, appariva come il manzoniano vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro, eppure, da sola, vende più delle altre sei competitor messe assieme, un dato che fa riflettere su come l’award europeo sia cambiato e si stia allontanando sempre di più dallo spirito con cui era nato, per premiare non soltanto l’innovazione di un’automobile, ma anche l’accessibilità e l’essere proposta in diverse varianti di carrozzeria, due criteri, gli ultimi, che mancano alle sei elettriche, perlomeno allo stato dell’arte. Peugeot 308, invece, affianca già alla cinque porte la versione station wagon (per i sempre più numerosi fan dei Suv c’è la 3008) e offre al cliente la scelta tra motorizzazioni a benzina, Diesel e anche ibrida plug-in.

I giurati del «Car of the Year», insomma, si sono posti, come è già accaduto più volte negli ultimi vent’anni, in un punto d’osservazione un po’ troppo elevato, lontani dalle aspettative del grande pubblico degli automobilisti. Assegnare il titolo di «Auto dell’Anno» non è come aggiudicare il premio Nobel per la letteratura o la Palma d’Oro al Festival di Cannes, ma deve tradursi il più possibile in un consiglio per la stragrande maggioranza degli automobilisti. È lo spirito che in passato ha portato a negare il titolo a tante auto di lusso che l’avrebbero sicuramente meritato sotto il profilo dell’innovazione tecnologica.

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