Buon compleanno, Omicidio Stradale

di Gianfranco Chierchini 

 

La cosiddetta legge sull’Omicidio Stradale, entrata in vigore nel marzo 2016, ha compiuto un anno. In grande sintesi,  la legge prevede la possibilità della pena carceraria e/o della sospensione della patente, quando un conducente provoca morte o lesioni gravi, in presenza di due condizioni: uno stato di alterazione per alcol o sostanze stupefacenti e una grave violazione di norme del Codice della Strada. La presenza di entrambe queste condizioni aumenta la pena.

L’ingresso della legge ha consolidato i due schieramenti che si erano già a lungo contrapposti nelle Commissioni parlamentari. Da una parte figurano coloro che considerano la nuova normativa inutile e dannosa: inutile per l’esistenza nel Codice di pene  già più che sufficienti a scoraggiare il reato, e dannosa perché l’aumento della pena indurrebbe l’investitore più alla fuga che a prestar soccorso: insomma,  un “imbarbarimento del diritto penale”.  Dall’altra, si contrappongono coloro che non potevano più ammettere che un conducente potesse tornarsene  a casa,  dopo aver compiuto, di fatto, un omicidio, anche se colposo. Le due posizioni erano, e sono, più articolate, ma la sostanza mi sembra questa.

Un recente convegno a Verona sul bilancio del primo anno di vita della legge ha visto le due posizioni ancora distanti. Tra i sostenitori della legge, in primis, l’Asaps, semmai è stata riconosciuta la opportunità di rivedere alcuni aspetti, tra cui la norma relativa alla revoca della patente per cinque anni.

Ma il dibattito di Verona  è stato, e dovrà continuare a essere, incentrato sugli effetti della nuova legge. Il primo dato,  provvisorio e quindi da prender con cautela,  è che sembra esser diminuito il numero degli incidenti gravi ed il numero dei decessi di circa un 5%,  nel secondo semestre  2016 e nei primi tre mesi del 2017. Tale riduzione sarebbe generale, sia nelle strade urbane sia nelle altre. Sarà necessario aspettare i dati ufficiali del 2016 e, ancor più, avere il panorama del quinquennio 2016–2020, per poter esprimere valutazioni affidabili: per ora limitiamoci a segnalare indicazioni di tendenza positiva.

L’altro aspetto che merita evidenziare è che non c’è stato quel tintinnare di catene che alcuni paventavano: nel periodo marzo 2016 – marzo 2017 hanno varcato il carcere 16 persone. Avrebbero dovuto esser 21 in realtà, ma per cinque  non sono giunti in tempo utile gli esiti di indagini psicofisiche richieste. Nelle dieci maggiori  città italiane, solo tre di questi 16 sono stati messi in galera.

Mi sembra che questi due dati, soprattutto la diminuzione degli incidenti gravi, permettano di guardare a questa legge in modo positivo. C’è da aggiungere che forse le contrapposte posizioni dei contrari e dei favorevoli alla legge hanno fatto crescere nell’opinione pubblica una maggiore sensibilità al problema degli incidenti stradali: e allora ben venga un  dibattito anche aspro, anzi, asperrimo.

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