Bloccare la mobilità è la cosa più facile. Ma è sbagliato
“Non bisogna combattere la mobilità, ma la guerra deve essere fatta alle sostanze inquinanti”. È attorno a questo assioma che le istituzioni devono ragionare, investire e deliberare. Bloccare la circolazione nelle città, da un punto A a un punto B, non significa necessariamente eliminare dall’aria sostanze dannose e climalteranti. Anzi, in più occasioni – dati alla mano – non ci sono stati gli effetti benefici attesi nonostante il traffico completamente bloccato.
Provvedimenti come quelli dell’Area C (se paghi 5 euro ti permetto di “inquinare”) e Area B, da poco inaugurata a Milano, oltre a servire a poco, sono fortemente discriminatori. Come a dire: chi vive fuori dai confini di quelle aree può beccarsi tutto l’inquinamento possibile. Il problema, se imputabile completamente al traffico, viene solo spostato. Ecco allora i cittadini di serie A e quelli di serie B e C, questi ultimi residenti nelle periferie. E i tanti lavoratori e ambulanti che ogni giorno sono obbligati a entrare nella cerchia dell’Area B per poter continuare le proprie attività. Essere salassati per poter lavorare significa fallire nel giro di poco tempo. È facile dire: compratevi un furgone elettrico, vi diamo anche una mano…
Ma perché obbligare in questo modo le persone a cambiare abitudini? Se una persona guida un furgone diesel datato e non in linea con i limiti imposti alle emissioni, non lo fa per divertimento. Al di là del possibile “affetto” per l’automezzo, c’è di sicuro un problema di portafoglio. E allora queste persone devono essere aiutare a cambiare furgone o macchina con sgravi fiscali o altri incentivi ragionati. Non devono essere punite e costrette a non muoversi. Troppo facile agire così, in nome della pura ideologia e con l’obiettivo di ingrassare le casse delle amministrazioni locali. L’auto è il “bancomat” a uso dei Comuni grazie alle limitazioni al traffico, a segnaletiche ingannevoli, a telecamere e Autovelox non omologati, a personale che dà le multe per divieto di sosta dove non dovrebbe, a posti auto a peso d’oro, eccetera. Il disequilibrio è evidente, ma va bene così…
La verità è che sia a livello governativo sia a livello locale dominano ideologia e ignoranza. In pratica, si evita con cura di prendere atto che la mobilità a motore ha compiuto progressi incredibili soprattutto nella lotta alle emissioni. Eppure, nonostante risulti scientificamente determinante per l’abbattimento dell’anidride carbonica, il motore diesel è stato messo in croce e condannato alla pena capitale. L’esecuzione non è stata ancora fissata, ma sembra ormai sia questione di qualche anno, con ripercussioni sull’occupazione e sull’economia europea, visto che la tecnologia diesel è da sempre un’eccellenza italiana, francese e tedesca. La Cina, all’avanguardia nella produzione di batterie per motori elettrici, ringrazia.
I “talebani” che impediscono il diritto a muoversi, restringono le carreggiate, eliminano i parcheggi, si inventano piste ciclabili ognidove, non fanno altro che ottenere ancora più caos e ingorghi. Una giustificazione per dare tutte le colpe alle auto. Milano e altre città non sono nate oggi. I problemi di cui soffrono (palazzi edificati senza garage, strade strette e altro) derivano dalla mancanza di lungimiranza nei tempi passati. Che fare? Non resta che fare tabula rasa per costruire le cosiddette “smart cities” dotate di “smart roads”. Troppo facile. E impossibile.