Beggio il visionario che ha regalato sogni all’Italia
di Benny Casadei Lucchi
Ivano Beggio. Anche a pronunciarlo con tutto l’impegno del mondo non suona come Enzo Ferrari. Eppure, c’è molto più Beggio nella nostra vita che Ferrari. Perché il visionario costruttore veneziano ha cullato piccoli sogni sempre alla portata di noi pincopalla della vita, noi gente comune, noi navigatori della normalità. Il geniale imprenditore modenese ha invece svezzato grandi sogni spesso inarrivabili per la stragrande maggioranza di noi. Nel mondo dei motori, che non è calcio, non è solo sport, esistono due soli modi per entrare nel cuore della gente: dandole qualcosa di raggiungibile o illuminandola con qualcosa di irraggiungibile. Beggio aveva scelto il primo modo.
Non c’è oggi cinquantenne, quarantenne, non c’è trentenne che onorando con un pensiero Ivano Beggio, scomparso a 73 anni, non ricordi quando negli anni ’80 e ’90 si trepidava per un pilota italiano sull’italiana Aprilia. Ovvero la moto che, con la Cagiva figlia di un altro sognatore come Claudio Castiglioni, tutti i giovani speravano di mettersi nel garage. Sono nomi e imprese rimasti impressi nella memoria e nella storia del motociclismo.
Biaggi, Rossi & C
Per esempio Max Biaggi, «con lui ho perso un secondo padre…», tre titoli classe 250, la nera Aprilia del Corsaro, e poi altri due mondiali Sbk. Max scoperto da Beggio e dai suoi collaboratori, su tutti Carlo Pernat, ancor oggi uomo di peso nel motomondiale e all’epoca grande direttore sportivo Aprilia, «se n’è andato un amico, con lui le decisioni si prendevano in un attimo» il suo omaggio. Ma si diceva dei nomi sbocciati o tornati vincenti su un’Aprilia. Per esempio, Valentino Rossi: nove titoli, di cui il primo e il secondo in sella a una moto di Noale che, a livello toponomastico, sta al motomondo come Maranello all’automondo. Per esempio, Marco Melandri, classe 250, nel 2002, o Loris Capirossi iridato per l’ultima volta in sella a un’Aprilia. Suo pilota, come tanti altri, da Loris Reggiani che regalò al marchio la prima vittoria, era il 1987, sempre classe 250, ad Alessandro Gramigni che fece altrettanto ma con il primo titolo nel 1992, per arrivare a Roberto Locatelli, campione nel 2000 sul’Aprilia rock della squadra voluta in quegli anni da Vasco Rossi, e chiudendo con la meteora Manuel Poggiali, iridato 250 nel 2003.
Tanti titoli per Aprilia
In tutto Aprilia ha vinto 56 titoli e 294 gare nelle varie serie a cui ha preso parte. «Un visionario anzitempo», il ricordo di Roberto Colaninno, ad e presidente del Gruppo Piaggio in cui la Casa di Noale confluì nel 2004, «Beggio ha creato praticamente dal nulla una delle più belle storie dell’industria motociclistica italiana, dando vita a un sogno».
Ivano Beggio non suona come Enzo Ferrari, è vero. Eppure, con sogni simili ma diversi per dimensioni è stato anche lui un agitatore di uomini oltre che di idee. Prova ne sia che i suoi ragazzi di allora sono sparsi qua e là nei team e nelle Case impegnate nel mondiale. Si pensi a tecnici come Romano Albesiano ora guida dell’Aprilia in MotoGp o Gigi Dall’Igna in Ducati. I suoi ragazzi di allora non sono però sparsi solo nel mondiale, sono ovunque, nella vita di tutti i giorni, che poi è quel che più conta. Sono i trentenni, i quarantenni, i cinquantenni, sono i ragazzi di allora che avevano sognato e poi comprato i 50 cross Aprilia, i trial, le enduro, gli Scarabeo, le Tuareg. Perché questa è la forza dei piccoli sogni. Si possono realizzare.