Autotrasporto: rischio di dumping nostrano

di Cinzia Franchini, portavoce di Ruote Libere, raggruppamento di piccoli imprenditori del trasporto merci 

Il taglio del 30% dei contributi pagati dalle aziende a tutti i dipendenti del Sud, previsto dal Decreto Agosto, è un provvedimento in linea di principio positivo, ma se non viene tempestivamente esteso anche alle imprese del nord rischia di creare ulteriori problemi e non di risolverne. Emblematico il caso del settore dell’autotrasporto, le aziende con le ruote, dove il costo del lavoro è una delle voci che più incidono sui bilanci; società appunto che data la loro attività si spostano agevolmente e quindi possono agire e offrire servizi “competitivi” in modo del tutto indipendente dalla loro sede fiscale, Nord o Sud che sia.

Ebbene, per gli autotrasportatori, come noto, una delle storture più gravi è il dumping messo in atto dalle aziende dell’Est, le quali, rispetto a quelle italiane, possono contare su un costo del lavoro decisamente inferiore. Proprio per contrastare questa stortura e limitare i vantaggi della concorrenza sleale il Parlamento Europeo ha recentemente approvato un pacchetto mobilità con provvedimenti mirati.

Ecco allora che non si capisce perché l’Italia autorizzi misure in controtendenza rispetto a quelle indicate dalla stessa Unione Europea, infatti, prevedendo una così marcata decontribuzione del costo del lavoro solo al sud si rischia di creare un effetto dumping interno al Paese. Per quale motivo una impresa di autotrasporto del Nord Italia dovrebbe pagare contributi previdenziali il 30% superiori rispetto a una azienda del Sud Italia? Un modo per spaccare in due il Paese e aumentare diseguaglianze e tensioni interne. Un modo, inoltre, che penalizza pesantemente le regioni più produttive e paradossalmente le più colpite dal Covid. 

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