di Cinzia Franchini, portavoce di Ruote Libere
Mentre la politica e le principali associazioni di rappresentanza dell’autotrasporto si sono improvvisamente accorte, proprio in uno strano e caldo agosto, della mancanza di autisti, nel nostro Paese ci si ostina colpevolmente a non voler vedere lo stato in cui è ridotto il settore. Il vero macrotema con cui fare i conti è quello di una criminalità imprenditoriale diffusa caratterizzata da una serie di pratiche note a tutti gli autotrasportatori e purtroppo spesso subite.
Solo qualche esempio frutto di segnalazioni che continuamente ci giungono, può essere utile a tracciare un quadro della situazione. In queste settimane di piena campagna dei pomodori, soprattutto nel Centro (Lazio) e nel Sud Italia, accade che alcune grandi aziende della trasformazione dei pomodori, a fronte di una tratta per il trasporto, per esempio, dalla provincia di Latina alla provincia Foggia, pagata circa 800 euro che l’autotrasportatore deve ovviamente fatturare, chiedano indietro in nero il 6%, una percentuale alla quale si somma un ulteriore 2% se si vuole essere pagati immediatamente.
Una pratica tristemente diffusa che viene applicata ai piccoli imprenditori dell’autotrasporto alla quale si somma un’altra “abitudine” qual è la ‘tangente’ che molti autotrasportatori sono costretti a versare ai responsabili della logistica o ai direttori commerciali che lavorano per il committente, tramite essenziale per mantenere la commessa. A tutto ciò si affiancano le storture messe in campo ai danni dei lavoratori dipendenti, autisti che, malgrado il contratto nazionale, vengono pagati a viaggio o, ancor peggio, sono incentivati a usare due schede tachigrafiche o a manomettere il corretto utilizzo del cronotachigrafo per aggirare le norme sui tempi di guida-riposo.
Una illegalità a tutti i livelli e del resto certificata anche dall’Ispettorato del Lavoro che proprio nei giorni scorsi ha comunicato i dati di alcuni controlli avvenuti in questo periodo: a Milano su 18 imprese della logistica controllate, con oltre 200 dipendenti, nessuna è risultata in regola. Ora la domanda è perché si accetta tutto questo? Perché gli autotrasportatori non si ribellano? Il sistema purtroppo si basa sul ricatto legato alla necessità di lavorare e sul fatto che spesso chi denuncia poi si ritrova isolato e senza lavoro.
Sono queste le storture di un sistema che ormai risponde esclusivamente alla logica folle della concorrenza al ribasso, un problema che paradossalmente si immagina di risolvere importando ulteriore manodopera a basso costo, quando è evidente che la carenza di autisti è data proprio da questo contesto. Eppure la politica e le istituzioni continuano a relazionarsi con associazioni di rappresentanza distanti anni da luce da questi problemi ma attente solo alla propria autoconservazione economica, basata su corsi di formazione e rimborsi dei pedaggi.
Il 14 settembre il viceministro ai Trasporti, Teresa Bellanova, ha convocato un tavolo per affrontare il tema della carenza di autisti, l’auspicio è che la viceministro, alla luce della sua conoscenza sindacale sul campo, possa comprendere come le risposte non possano essere legate solo allo stanziamento di nuove risorse alle associazioni per pagare corsi per la cqc (carta di qualificazione del conducente) o altre patenti agli autotrasportatori. Occorre capire che quella rappresentanza che siede al tavolo, non rappresenta il mondo reale, un mondo sfiduciato e rassegnato e che da tempo lancia un grido d’aiuto tanto concreto quanto inascoltato.