di Cinzia Franchini, portavoce di Ruote Libere
Il via libera della Commissione Ambiente e Trasporti della Camera a un bonus dedicato ai percettori del reddito di cittadinanza per conseguire le patenti da autotrasportatore è un provvedimento ancora una volta distante dalle esigenze reali del mondo dell’autotrasporto. Stanziare un milione di euro per rimborsare la metà delle spese sostenute per il conseguimento delle patenti, non solo non argina il problema della carenza di autisti sollevato da più parti, ma rappresenta un benefit che banalizza una professionalità che non si riduce all’ottenimento di un certificato.
La carenza di autisti è legata principalmente al costante svilimento che la professione dell’autotrasportatore ha subito negli anni a causa di una corsa al ribasso nel costo dei servizi, di una normativa che ha penalizzato i piccoli e medi imprenditori e di una illegalità diffusa . Se davvero vi sono risorse da investire nell’autotrasporto le si indirizzi a veri e qualificanti percorsi di formazione che valorizzino insieme sia i nuovi ingressi sia chi da anni lavora e viaggia sulle strade italiane. Occorre insomma rivedere completamente i progetti formativi oggi ridotti a ‘servizi’ utili non tanto a coloro che ne usufruiscono, ma al sostentamento delle associazioni di categoria che li promuovono. Le lezioni teoriche di formazione in aula, regolarmente pagate con fondi pubblici, proponiamo vengano sostituite da progetti concreti e percorsi formativi sul campo, che nel caso specifico è il camion stesso.
E’ un dato di fatto che un neo-patentato, pur avendo dal punto di vista tecnico tutti i requisiti per poter svolgere la professione, dal punto di vista pratico, molto spesso, non sa cosa voglia dire gestire un autocarro in strada e non ha idea delle mansioni che regolarmente vengono svolte dagli autotrasportatori, dal carico-scarico, alla corretta sistemazione del carico e fino banalmente a come comportarsi in situazioni climatiche avverse e come sostituire in autonomia un pneumatico. E’ in questo contesto che molti autotrasportatori sarebbero disposti a svolgere la funzione di “formatore-tutor” ospitando al proprio fianco, in cabina, per alcuni mesi, coloro che vogliono iniziare la professione contribuendo a rendere l’aspirante autista padrone del mezzo e in grado di svolgere con dimestichezza i compiti quotidiani di un autotrasportatore.
Ovviamente, per fare questo occorrerebbe dirottare risorse nel finanziamento di un progetto che svincoli il ruolo del formatore alla assunzione di un dipendente e che premi contestualmente sia l’imprenditore che il praticante. Non solo, dal punto di vista fiscale sarebbe utile prevedere sgravi contributivi, almeno di due anni, per quegli gli imprenditori che invece dopo la formazione decidono di assumerne effettivamente il neo autista. Questo sarebbe un ottimo impiego di risorse pubbliche, per una formazione utile davvero e non solo uno stanco rituale finalizzato unicamente a riempire aule di persone distratte per incassare i contributi formativi.