Automotive in Italia: serve un Patto per la transizione

di Roberto Benaglia, segretario generale Fim

Fim, Fiom, Uilm e Federmeccanica, insieme, hanno presentato a Roma, un documento condiviso e di proposta rivolto al Governo sul settore dell’automotive, dove la necessaria transizione ecologica, sta mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro e le filiere produttive. Per questo la Fim Cisl ritiene un fatto politicamente positivo e rilevante quello di poter dare forza e peso, alle relazioni industriali in maniera partecipativa insieme a Fiom, Uilm e Federmeccanica, arrivando a poter condividere una visione comune della situazione di un’importante e centrale comparto della metalmeccanica come quello dell’automotive, ribadendo con questo le priorità che il nostro Paese deve affrontare per impedire la desertificazione industriale.

L’automotive già oggi è tra i principali settori industriali coinvolti nella transizione ambientale e nell’elettrificazione della mobilità a cui si va sommando quella digitale. L’obiettivo che abbiamo condiviso come Fim insieme agli altri, è quello di rendere il settore automotive centrale nelle scelte di politica industriale del nostro Paese. Politiche industriali che hanno bisogno di risorse finanziarie specifiche e soluzioni innovative. L’obiettivo principale è quello di rivolgerci al Governo per sollecitarlo a recuperare, come hanno già fatto altri Paesi europei coinvolti nella transizione, a partire da Francia e Germania, con una visione concreta su come si vuole sostenere il settore dell’auto e della componentistica, così rilevanti nel nostro Paese posizionato sulle tecnologie powertrain tradizionali, oggi messe in discussione.

Non possiamo gestire le vertenze una a una, come abbiamo rischiato di fare al MiSE fino a oggi, chiediamo in maniera prioritaria al presidente Mario Draghi e ai ministri competenti, un incontro politico che possa far partire un tavolo di assoluta qualità, meno sterile di quelli che fino a oggi ci sono stati e serve farlo presto. Dalle risorse del PNRR e dalle quelle dei Fondi europei, nonché da quelle relative al fondo nuove competenze e programmi di politiche attive, devono essere ricavate le necessarie risorse per un fondo specifico del settore dell’automotive che permetta di accompagnare, sia le transizioni industriali che la loro reindustrializzazione verso le nuove tecnologie della mobilità elettrica e digitale ma soprattutto, difendere e tutelare l’occupazione del settore e rafforzare le competenze professionali.

Pensiamo che in questa difficile partita la contrattazione debba giocare un ruolo di supporto aggiuntivo. Siamo pronti a fare la nostra parte con responsabilità, ma serve un lavoro corale tra istituzioni, imprese e parti sociali, perché siamo davanti ad una vertenza difficile, quanto decisiva per il futuro di in questo Paese e per la qualità dell’occupazione e del lavoro.

1 Comments

  1. Pietro Rubino says:

    Scusate, abbiamo scherzato. E’ questa la frase che sembra prendere forma come risposta a tutti quelli che, da queste pagine, hanno colto subito i problemi dell’automotive e che ora stanno mettendo alle strette ministri e burocrati che, quanto meno, hanno affrontato sottogamba il problema della transizione ecologica in un settore vitale dell’economia. Come si è potuto proporre come panacea un motore elettrico per tutti, volenti o nolenti, quando non c’è ancora un piano nazionale dell’energia? Come si può pensare di fare innovazione tecnologica quando non si riesce a garantire la forza motrice a un prezzo equo e le fabbriche sono costrette a girare quando le tariffe a fascia oraria sono più convenienti? Mi sa tanto che se continua così altro che autovetture, non saremo in grado neppure di produrre colonnine di ricarica.

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