Automobilisti italiani indisciplinati: bella novità

di Andrea Cardinali, direttore generale di Unrae

Il difficile rapporto tra noi italiani e le regole è quasi uno stereotipo (e come tale prende le mosse dalla realtà). Si tratti del Codice della Strada, del regolamento condominiale o della raccolta differenziata, il nostro atteggiamento più o meno è sempre lo stesso. Nessuna sorpresa, dunque, dai risultati dell’11° Barometro della guida responsabile di Ipsos Fondazione VINCI Autoroutes, basato sulle interviste a 12.400 persone in 11 Paesi europei.

Semmai, stupisce la sostanziale identità tra italiani e stranieri: non è questa l’impressione che ho sempre avuto viaggiando all’estero. Non ho mai creduto a differenze “antropologiche” tra un Paese e l’altro: vedo anzi un “turismo delle regole”, con stranieri che considerano l’Italia una sorta di Paese dei Balocchi dove consentirsi liberamente ciò che non farebbero mai a casa propria.

Credo però alle differenze “culturali“ che nascono dall’enforcement delle regole: cioè dal farle rispettare con severità e in modo sistematico, non randomico. Da noi la severità consiste nel moltiplicare le fattispecie di infrazione e innalzare gli importi delle sanzioni, invece di aumentare i controlli. Ma non basta mettere un cartello “Attenti al cane” sempre più grosso, se il cane non c’è.

Le regole sociali (tutte) vanno imparate da bambini con l’educazione e con l’esempio, ma non possiamo aspettare un ricambio generazionale integrale, sempre ammesso che funzioni. Da “grandi” servono altri metodi: controlli capillari e continui da parte delle forze dell’ordine, sistemi “nudge” dove possibile, e magari anche un pizzico di controllo sociale quando le regole saranno state “interiorizzate” dalla popolazione. 

La sicurezza stradale è una cosa seria. E non riguarda solo gli automobilisti, ma tutti gli utenti della strada: motociclisti, ciclisti, monopattinisti e pedoni. Soggetti molto più fragili, perché senza “corazza”, che avrebbero molto da guadagnare dal rispetto delle regole. Purché sia generalizzato, e non riguardi sempre solo “gli altri”.

E, invece, dentro ogni pedone c’è nascosto un potenziale pirata della strada, come ci mostrava Dino Risi in un magistrale episodio de “I mostri” già nel 1963 (quando circolavano 3,9 milioni di vetture contro i 39 milioni odierni). Quand’è che inizieremo a prendere sul serio morti e feriti sulle strade italiane?

Le cose da fare sono tantissime: sui veicoli (vetusti), sulle infrastrutture (decrepite) e soprattutto sulle persone (incoscienti)… si tratta solo di cominciare.

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