Auto “vintage” tra successi e forzature
di Pier Luigi del Viscovo
Fiat 500 e Mini sono due successi assoluti, con il loro stile contemporaneo che però ha sapientemente recuperato forme e dettagli degli anni ’60 e ’70. Chi allora era giovane, oggi spesso ha i soldi per ricomprarsi un po’ di gioventù.
La prima a provarci fu Volkswagen col Maggiolino, all’inizio del secolo, ma con risultati che si vedono, anzi non si vedono, sulle strade, nonostante fosse la più iconica di tutte – Bernie, il maggiolino tutto matto. Cosa non ha funzionato? Probabilmente non il marketing: se negli anni ’80 hai venduto l’anima, ora puoi ricomprarla. Allora il prodotto.
Confrontando le immagini delle due versioni, anni ’70 e anni 2000, mancano quei bellissimi paraurti cromati, come pure il deflettore dei finestrini anteriori e il cupolino che copriva la luce della targa, decisamente carino. Ma la grande scomparsa è il predellino, già all’epoca residuo delle macchine del Dopoguerra. Sono quei segni che il gusto apprezza, perché fanno affiorare i ricordi. Perché siano stati sacrificati è un mistero. Possiamo azzardare che siano stati immolati sull’altare del contenimento dei consumi. Il Maggiolino di oggi è migliore? Sicuramente sì. Ricorda emotivamente quello originale? Sicuramente no. È probabile che gli ingegneri tedeschi abbiano trovato il modo di intrufolarsi in un progetto dal quale dovevano essere tenuti ben distanti.
La grandeur degli anni ’60/’70
Un altro tentativo di rivitalizzare un brand model del passato lo stanno conducendo (senza successo) i francesi di Psa. Da alcuni anni hanno deciso che devono avere il loro posto al sole nel segmento premium, facendo della sigla Ds un brand con un’intera car line. Qui non c’entrano gli ingegneri, ma la grandeur. La Citroën Ds è stata negli anni ’60/’70 (ed è ancora oggi) una delle auto più belle e invidiate. Per la tecnologia di costruzione e per le sospensioni, ma soprattutto per quella forma unica, ferro-da-stiro, che ancora oggi si ricorda e si apprezza. Dunque, è stata riprodotta tale quale da Psa? Facendola tornare sul mercato per alcuni anni, per poi affiancarle altre versioni e formare una car line? Magari trovando il modo di resuscitare sotto lo stesso ombrello anche un’altra icona dei giovani, la 2 Cavalli? Assolutamente no. Niente di questo. La ricetta d’Oltralpe è più breve: prendiamo la sigla, spieghiamo che viene dal passato, la mettiamo su carrozzerie di oggi e tanto vi deve bastare. Accattatavil, direbbe Sophia Loren. Ecco, appunto.