Auto elettriche & dintorni. Una minaccia per l’aftermarket? No, tranquilli!

di Giuseppe Nanula

Sembra ieri quando, nei pomeriggi da dedicare allo studio, riuscivo a ritagliarmi del tempo da trascorrere, per mera curiosità, nella nascente attività di ricambi di famiglia. Sono stato attratto sin da piccolo dal mondo delle auto, ma mai avrei pensato che tale innata passione potesse sfociare quasi naturalmente in un lavoro. Un settore bellissimo e stimolante ma – come del resto per tanti altri ambiti – difficile e plasmante, e nel quale hai il dovere di non cullarti dei periodi rosei e non addormentarti in quelli nebulosi.

Proprio quest’ultimo aggettivo sembra il più indicato per descrivere un periodo storico come questo, in cui una buona parte dei ricambisti riesce a portarsi la “pagnotta” a casa, ma che non sa se sarà in grado di farlo per sempre. Il mio non é una sorta di pessimismo ingiustificato, ma decisamente la realtà dei fatti. Potrebbe essere che trentaquattro anni sul groppone, di cui una dozzina dedicati H24 all’automotive, siano pochi per realizzare certe riflessioni ma, complice anche la zona particolare in cui svolgo la mia attività, ne ho viste e continuo a vederne veramente di tutti i colori. Infatti quotidianamente, sia live che sul blog, arrivano input più che altro negativi da parte di diversi addetti ai lavori.

Ci lagnamo tutti da tempo immemore delle solite problematiche ivi presenti, ma dobbiamo per un attimo farci un esame di coscienza. Le varie figure della filiera sono tutte complici dell’andamento sinusoidale e incerto del settore. Nessuno escluso. Neanche il tanto bistrattato ricambista generico. Cercherò di esaminare alcuni dei più importanti fattori scatenanti di un malessere solo apparentemente ben digerito dai più.

Svilimento dei brand

Sembra ieri (ancora?) quando in ogni area commerciale, il fornitore di riferimento disponeva di pochi, ma importanti, marchi strategici. Questa arcaica – ma non troppo – politica attuata dai brand, permetteva allo stesso distributore di mantenere margini apprezzabili e di non svilire il blasone del brand. E oggi? Che ve lo dico a fare. Bastano tre parole: Lotta Dei Poveri. Il marchio X é nel portfolio di troppi nella stessa zona e il suo svilimento a trecentosessanta gradi é ormai irriparabile.

Tutti vorrebbero vendere tutto e a tutti.

Questo infantile gioco di parole condensa in un sol boccone uno dei più sottaciuti trambusti presenti nel settore. Siamo davanti a primedonne che, tramite il commercio elettronico, vorrebbero (anzi, già lo fanno) vendere direttamente all’utente finale. Della serie: dobbiamo crescere ogni anno, incondizionatamente. Anche senza rispettare i ruoli che ci competono storicamente.

È tutto lecito, certo. Ma io essendo un nostalgico, ma credo sia vieppiú arduo o addirittura controproducente avere due piedi in una scarpa. Anche oggi in cui il B2C (business to consumer) sembra essere la panacea assoluta per tutti i mali. Ci troviamo davanti a case costruttrici, che per allargare i loro target di riferimento, sfornano a pioggia nuovi brand con listini e promo a dir poco accattivanti, divenendo nel contempo concorrenti aggressivi con gli stessi fornitori OEM, nonché con i produttori dei componenti compatibili. Della serie: il libero mercato. Sempre più libero, ma ormai saturo.

Ci troviamo innanzi a figure che svendono sul web i loro prodotti, distruggendo il traballante mercato. Della serie: ci restano le briciole, ma é proprio colpa nostra. Un vero e proprio harakiri. Ci troviamo di fronte a factory che fino al giorno prima commercializzavano linee di prodotto ben definite, ma che all’improvviso vedono decuplicare la mole dei loro cataloghi, talvolta a discapito della qualità effettiva. Della serie: ci interessa la quantità. Al diavolo la qualità.

Elettrificazione di massa. Come faremo?

É inutile dirvi che questa corsa all’auto elettrica ci fa un po’ paura. E mi tremano le gambe al sol pensiero che bestseller dal peso specifico importante come pompe acqua, filtri e cinghie tra 10 anni potremmo ritrovarceli impolverati mestamente sui nostri tristi scaffali. Però… tornando ai miei innocenti inizi, ricordo alla perfezione quanto fossero tutti col magone mentre ipotizzavano la probabile morte commerciale negli anni a seguire per carburatori, calotte d’accensione e pompe benzina meccaniche ( e non solo…)

Eppure la maggior parte di noi é riuscita ad adattarsi all’evoluzione dei componenti per auto e all’andamento del mercato. Della serie: é stata dura, ma non abbiamo mai mollato. Tutto questo ambaradan per dirvi che dovremmo sempre cercare di volare alto. Non di fregarcene, ci mancherebbe. Ma di non lamentarci a ogni peto fatto da un concorrente o alle prima difficoltà.

Chi vent’anni fa avrebbe mai pensato ad un assortimento stabile di pulegge smorzatrici o a rendere fruibile ai propri clienti un velocissimo e-commerce? Credo nessuno.

Abbiamo la necessità di essere pionieri su diversi fronti (fidelizzazione clienti, aumento orizzontale della disponibilità di prodotti anche di nicchia in sede, investimento su nuove linee di prodotto, iniziative con i distributori ecc). Uno dei mantra potrebbe essere quello di credere in brand potenzialmente più remunerativi. Confrontare i propri prezzi dei soliti marchi o codici con quelli di colossi del web come Autodoc, eBay e compagnia bella, non ha altro scopo che (come si dice qui) “farci fare sangue amaro”. Oltre le frizioni c’é altro. Oltre i dischi c’é altro. E tanto altro, credetemi.

Quindi a cosa serve accanirsi poco razionalmente sempre sulle stesse cose? La curiosità deve essere una delle virtù di un lavoro quasi “passionale” come quello del ricambista. Ma non la sprecherei per queste amenità. Se siamo sopravvissuti fino al 2019, ce la faremo anche per i prossimi lustri. Anche con le ecologissime (o forse no) auto elettriche. 

 

1 Comments

  1. Alessandro says:

    Bravo Giuseppe, ottimo spunto valido anche per gli altri attori della filiera autoriparativa!

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