Anche nel lavoro ci si parla sempre meno
Il Santo Padre, Francesco, ha sottolineato l’importanza di parlare e di parlarsi, soprattutto quando le famiglie sono riunite a tavola. Quindi, via smartphone e tablet, e affrontare, tutti insieme, i problemi del momento o discutere anche del più e del meno. Quanto affermato dal Papa è da condividere in toto.
Ma non limiterei il rimprovero a quei genitori (se ne vedono sempre di più) impegnati a chattare con i bambini accanto e a loro volta scimmiottati: a casa, al ristorante, al bar, al supermercato, a passeggio, in vacanza. Il problema riguarda anche la sfera professionale.
C’era una volta, infatti, quel Pr che puntualmente, due o tre volte l’anno, si metteva in viaggio per incontrare a Milano, a Roma e in qualche altro posto, i giornalisti. Un caffè, una colazione, un incontro in redazione: ci si parlava e confrontava, nascevano anche parecchie idee. E in qualche occasione, “involontariamente”, ci scappava l’indiscrezione. Ma ci si parlava di più anche al telefono, sempre su temi riguardanti il lavoro e nel rispetto delle parti.
Ora, invece, buona parte dei rapporti e richieste di precisazioni viene liquidata con la segreteria telefonica, con “guarda sul sito”, “manda una mail e ti rispondo”, “scrivimi su whatsapp”, eccetera. Anche nelle redazioni, tra gli stessi colleghi, il dialogo è pressoché virtuale. Non c’è più tempo (e voglia) per parlarsi, a scapito della qualità.
Ecco, la mancanza di dialogo è foriera di errori, cattive interpretazioni e crescenti fake news. E qui entra soprattutto in gioco chi, preso da Internet e dalla mania di dare per buono quello che legge sui siti più disparati, si è abituato a risolvere ogni tipo di problema con un semplice click. E se fa male a fidarsi? Amen. Che importa confondere inquinante con climalterante; fare di tutta l’erba un fascio sul diesel; non sapere di cosa si parla; eccetera.
Insomma, sarebbe opportuno fermare tutto e fare una serie di considerazioni, soprattutto a beneficio di chi vive completamente nei mondi virtuali al di qua e al di là dalla barricata.
Le buone abitudini di una volta, andrebbero riprese: per esempio, la Conferenza stampa di fine anno dell’Unrae che consentiva alla stragrande maggioranza dei colleghi, oltre a conoscere meglio le dinamiche del settore, di avere incontri ravvicinati con manager e istituzioni varie, arricchendo così la propria agenda di quei contatti fondamentali per la professione. Abolirla è stato, a mio parere, un errore. La complessità che ora caratterizza l’automotive necessita di confronti e chiarimenti continui, a vantaggio del settore, degli utenti e di chi, nella politica, decide per noi lasciandosi spesso trascinare da quel male che porta il nome di ideologia.
Urge una riflessione, tornare al dialogo diretto, trovare un equilibrio con le buone abitudini dimenticate. Non è tutto oro quello che luccica.