Altroconsumo: l’anomalia del prezzo della benzina

Come già segnalato a inizio gennaio, anche ad aprile l’andamento del prezzo della benzina in Italia continua a presentare anomalie. Da ormai diverse settimane, infatti, il prezzo del petrolio è ai suoi minimi storici e questo dovrebbe avere un impatto piuttosto evidente anche sul costo dei carburanti. il 1° aprile, in chiusura di giornata, il greggio è stato quotato 25,6 dollari al barile, per avere un’idea più precisa di quanto il suo prezzo sia diminuito, basti pensare che dieci anni fa si attestava sui 108,28 dollari e, nel corso del decennio, il minimo è stato toccato nel gennaio 2016 con 28,73 dollari al barile. Situazione che dovrebbe riflettersi anche sul prezzo della benzina alla pompa, eppure così non è.
Altroconsumo è andato a quindi andati a verificare i prezzi rilevati dall’Osservatorio prezzi carburante del ministero dello Sviluppo economico, prendendo come riferimento i prezzi rilevati il 1° aprile 2020 confrontandoli con quelli dello scorso 16 gennaio. Perché proprio questa data? Perché la settimana precedente (il 7 gennaio) il prezzo del petrolio era uscito da una crisi gravissima dovuta agli attacchi sugli impianti di estrazione in Medio Oriente che avevano contribuito a far lievitare il prezzo del greggio. In quel periodo un barile si attestava sui 68,47 dollari, praticamente 61,18 euro. Una settimana fa, invece, il petrolio era quotato a 23,67 dollari al barile, equivalenti a 22,07 euro: una contrazione pari al 64%.

Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, però, questa riduzione non si riflette in maniera proporzionale sui prezzi al consumo dei carburanti. Il prezzo ha subito un calo evidente in tutte le regioni, ma siamo molto lontani dalle variazioni di prezzo registrate sulla materia prima in questo periodo. Il prezzo alla pompa ha subito diminuzioni che in nessun caso superano il 10%. Bisogna precisare che sul prezzo finale incide pesantemente la componente fiscale che, soprattutto per quanto riguarda l’accisa, è fissa.

Anche se consideriamo il solo prezzo industriale, cioè quello che si paga al netto delle tasse, però, la situazione non cambia particolarmente: si passa da 0,61 euro del 16 gennaio a 0,51 euro del 1° aprile 2020. La diminuzione percentuale raddoppia, è vero, ma rimane piuttosto esigua (del 16%), contro una diminuzione della materia prima che, come abbiamo visto, è del 64%: quindi tre volte tanto.

Ma cosa succede nel resto d’Europa? Il confronto tra lo scenario italiano e quello degli altri Paesi fa emergere un divario piuttosto netto. Secondo le ultime rilevazioni, infatti, il prezzo industriale praticato in Italia risulta essere il terzo più alto in tutta Europa, dopo Malta e Finlandia. Lo scorso 20 gennaio, invece, i Paesi che praticavano prezzi industriali più alti del nostro erano ben 11, segnale che la diminuzione è stata più sensibile altrove rispetto che in Italia.

Questo dato risulta ancora più paradossale se si considera che siamo tra i maggiori produttori di carburante in Europa e che la quasi totalità del nostro fabbisogno (e parte anche di quello europeo) viene soddisfatto da carburante prodotto in Italia. Insomma, dati alla mano è evidente che la situazione del carburante in Italia stia seguendo dinamiche piuttosto strane.

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