All’aftermarket indipendente il 70% della distribuzione dei ricambi
È una colonna solida e portante del Pil nazionale. Nonché bandiera all’estero del made in Italy. Il nostro aftermarket automobilistico, complice la presenza in Italia di uno dei parchi auto più anziani d’Europa, vanta un elevato quoziente di redditività, spinto in sostanza da una forte domanda di autoriparazione. La lunga filiera del post vendita (produzione di componenti e ricambi, riciclo, distribuzione rivendita e installazione di tutte le parti dei veicoli, prodotti chimici, attrezzature, equipaggiamenti, accessori per automobili, veicoli commerciali e industriali) spinge sempre più sul pedale dell’acceleratore, concependo produzioni sicure, innovative e al passo coi tempi. Chi detiene la fetta più grande di questa ghiotta torta è l’aftermarket indipendente: oggi ha in mano il 70 per cento della distribuzione dei ricambi. Mentre il restante 30 per cento transita nel canale dell’original equipment dove operano le Case auto per mezzo di una filiera distributiva costituita da concessionari e officine autorizzate. Un segmento, quello dell’indipendent aftermarket (produttori, distributori e officine indipendenti che, non essendo legati alle Case, lavorano su un parco auto multimarca) che attira sempre più gli interessi dei costruttori e degli operatori di primo impianto (che trasferiscono il loro expertise maturato nel primo equipaggiamento anche nel post vendita). Se il ricambio nazionale va forte e vola a gonfie vele nei mercati esteri, stesso discorso vale per la componentistica. La fotografia della Camera di Commercio di Torino restituisce un quadro dalle significative performance: quasi 2mila imprese, 136mila addetti e un fatturato che raggiunge i 38,8 miliardi di euro.
Stefano Belfiore