Addio Nestore: colonna portante del “Corriere”

di Bianca Carretto (da Crisalide Press)

Nestore Morosini non c’é più, è mancato per le conseguenze del Covid, il 31 ottobre aveva compiuto 83 anni. Penso a tutti gli anni che ho condiviso con lui, non ricordo quanti, forse 40 o forse più. La prima volta che sono entrata al Corriere della Sera, in tailleur e filo di perle, chiesi in portineria che volevo parlare con il responsabile dello sport. Un tempo i motori, all’interno dei giornali non avevano una loro identità, mi dissero di entrare nella redazione, al piano terra, un’immensa stanza, dove 30/40 persone fumavano, qualcuno con la sigaretta in mano mi indicò Morosini.

Era appena tornato dal Brasile dove aveva seguito la Formula 1, indossava una maglietta con un grande pappagallo colorato, mi dedicò pochi minuti era impegnato nella stesura delle pagine. Uscii in via Solferino pensando che con un personaggio simile non avrei potuto trovare alcuna empatia, eravamo così diversi! Invece é nato un rapporto che, negli anni, si è tramutato in affetto, in stima reciproca. Nestore era caotico, confusionario ma amava il suo lavoro in un modo viscerale, amava le auto, il mondo della Formula 1, amava il calcio, amava la Ferrari e amava il “Corriere della Sera”. Non posso ricordare la telefonata quando il giornale decise che i motori avrebbero avuto una loro pagina settimanale dedicata, era una sua vittoria.

Aveva dato ai motori un’ufficialità, un blasone e il Corriere inaugurava la strada che dopo tutti avrebbero intrapreso, non solo in Italia. Era travolgente, cercava la notizia, aveva fiuto, era un’apripista, sapeva tenere i rapporti con tutte le scale gerarchiche delle varie aziende, era rispettato non solo perché rappresentava il quotidiano più importante d’Italia, ma perché nella sua professionalità vi era sempre un’anima. Abbiamo anche litigato, discusso, io sostenevo le mie tesi e gli tenevo testa, ho visto crescere le sue figlie che hanno l’età delle mie, ho partecipato alla sua vita anche familiare.

È stato una colonna portante per il “Corriere”, quando ha lasciato, ho capito che soffriva, ho continuato a raccontargli il mondo dei motori che non aveva più nulla a che fare con il mondo che lui aveva conosciuto. Ci siamo sentiti pochi giorni prima giorni fa, la voce mi pareva più ferma, Ivana, la sua Ivana, mi aveva detto che il medico l’aveva rassicurata, invece questo virus maledetto lavorava, in modo subdolo, all’interno del suo corpo che ha deciso di arrendersi.

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