Foto: Marco Alverà, ad di Snam
H2 Italy 2050: la filiera dell’idrogeno per decarbonizzare
L’Italia può utilizzare a suo vantaggio l’idrogeno sia per raggiungere i target di decarbonizzazione sia per creare nuove forme di competitività industriale, facendo leva sul proprio potenziale manifatturiero e sulle proprie competenze nella filiera del gas naturale. È quanto emerge dallo studio H2 Italy 2050: una filiera nazionale dell’idrogeno per la crescita e la decarbonizzazione dell’Italia, realizzato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con Snam per esaminare per la prima volta le potenzialità della filiera italiana dell’idrogeno.
“L’idrogeno – commenta Marco Alverà, amministratore delegato di Snam – può essere il migliore alleato dell’elettricità rinnovabile per consentire all’Italia di essere protagonista nella lotta globale ai cambiamenti climatici e al tempo stesso di promuovere nuove opportunità di sviluppo e occupazione. Se fino a pochi anni fa i suoi costi erano insostenibili, oggi l’idrogeno ha finalmente allargato l’orizzonte tecnologico delle opzioni a disposizione: nel 2000 il prezzo dell’idrogeno da rinnovabili era quaranta volte superiore a quello del petrolio, oggi stimiamo che potrà diventare competitivo con alcuni combustibili attuali nel giro di cinque anni e soddisfare circa un quarto della domanda di energia in Italia al 2050. Come emerge dallo studio, grazie alla posizione geografica, alla forza del settore manifatturiero ed energetico e a una capillare rete di trasporto gas, il nostro Paese ha le potenzialità per diventare un hub continentale dell’idrogeno verde e un ponte infrastrutturale con il Nord Africa, assumendo un ruolo importante nella Hydrogen Strategy europea. Ciò ci consentirebbe di raggiungere più facilmente gli obiettivi di neutralità climatica al 2050 e di sviluppare una nuova filiera industriale in grado di creare crescita e posti di lavoro, con un valore della produzione cumulato che nei prossimi 30 anni può avvicinarsi ai 1.500 miliardi di euro. L’economia dell’idrogeno è a portata di mano ed è un’opportunità che dobbiamo cogliere”.
“È indubbio che la transizione energetica sia un percorso che tutti gli Stati europei devono perseguire con rigore e costanza per poter combattere il cambiamento climatico e lasciare in eredità alle prossime generazioni un mondo libero dalle fonti fossili”, dichiara Valerio De Molli, Managing Partner & Ceo di The European House – Ambrosetti. “I Paesi europei devono però anche porsi l’obiettivo di diventare leader nel mondo sulla ricerca e produzione delle tecnologie innovative che possono abilitare e accelerare la transizione energetica nel continente. L’Italia, grazie alla sua posizione come seconda manifattura d’Europa e alla sua lunga ed unica esperienza sul gas naturale, possiede tutte le condizioni per poter ambire a diventare un punto di riferimento tecnologico per la filiera industriale dell’idrogeno.Partendo da questa intuizione, i consulenti di The European House – Ambrosetti hanno mappato la filiera industriale dell’idrogeno e individuato le tecnologie abilitanti attraverso un modello innovativo che ha visto l’analisi di oltre 3.700 tecnologie e la costruzione di una nuova ed estensiva base dati. I risultati dell’analisi mettono in evidenza un posizionamento altamente competitivo dell’Italia nella produzione di alcune tecnologie chiave dell’idrogeno (ad esempio, quelle per la produzione di idrogeno rinnovabile, quelle meccaniche e quelle termiche), in grado di abilitare importanti impatti in termini di produzione industriale e nuova occupazione”.
La ricerca, in un contesto di crescente interesse per l’idrogeno in Europa dopo la presentazione della Hydrogen Strategy della Commissione Ue lo scorso 8 luglio, esamina il contributo di questo vettore energetico al processo di transizione energetica e stima gli impatti economici, sociali e ambientali attivabili in Italia da un suo sviluppo al 2050. L’idrogeno, grazie alle sue caratteristiche intrinseche, può essere considerato un vettore energetico indispensabile per il futuro decarbonizzato, in stretta sinergia e complementarietà con il vettore elettrico. Esso, infatti, consente di decarbonizzare gli usi finali poiché genera emissioni nulle e può essere prodotto con processi a zero emissioni climalteranti. In tal modo l’idrogeno può accelerare, in maniera complementare con altre tecnologie, i processi di decarbonizzazione, soprattutto nei settori che ancora oggi contribuiscono maggiormente alle emissioni climalteranti, dall’industria pesante (es. industria chimica e siderurgica) al trasporto pesante e a lunga percorrenza (es. veicoli commerciali pesanti e bus), dal trasporto ferroviario non elettrificato fino al residenziale, per il quale vengono esaminati vari tipi di impieghi in particolare nel riscaldamento.
Inoltre, l’idrogeno è in grado di offrire vantaggi all’intero sistema energetico, garantendone flessibilità e resilienza, appianando i picchi di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e sostenendo in questo modo la crescente diffusione di rinnovabili non programmabili anche grazie alla capacità distintiva di fungere da elemento di congiunzione tra il settore del gas e quello dell’energia elettrica. Il trasporto, lo stoccaggio e l’utilizzo dell’idrogeno presentano molte sinergie con il settore del gas naturale; motivo per cui le attuali infrastrutture gas sono da intendersi come un acceleratore che può permettere una più rapida penetrazione e un posizionamento da first-mover per l’Italia e le proprie filiere.
L’idrogeno, infatti, possiede il vantaggio di poter essere trasportato facilmente attraverso la rete del gas esistente, che in Italia è particolarmente estesa e capillare rispetto agli altri Paesi europei.Inoltre, lo sviluppo delle tecnologie per la produzione di idrogeno verde e la crescente disponibilità di energia elettrica rinnovabile permetteranno di avere nei prossimi anni una curva di prezzo fortemente discendente per la produzione di idrogeno, il quale raggiungerà livelli di costo competitivi rispetto alle altre alternative. Grazie ai suoi evidenti vantaggi, l’idrogeno sta catturando l’attenzione di molti Paesi nel mondo che hanno elaborato delle strategie nazionali ad hoc e che prevedono una evoluzione del suo utilizzo nei settori finali di consumo.
Secondo gli scenari di penetrazione per l’Italia, l’idrogeno ha il potenziale di coprire il 23% della domanda energetica nazionale al 2050. Tale aumento della quota di idrogeno nei consumi energetici finali permetterebbe al Paese di ridurre le emissioni di 97,5 milioni di tonnellate di CO2eq, corrispondente a una riduzione di circa il 28% rispetto alle emissioni climalteranti italiane odierne. La ricerca mette in luce come l’Italia, grazie al suo particolare posizionamento geografico e all’estesa rete gas presente sul territorio, possa aspirare al ruolo di hub europeo e del Mediterraneo, importando idrogeno prodotto in Nord Africa attraverso l’energia solare a un costo del 10-15% inferiore rispetto alla produzione domestica, valorizzando la maggiore disponibilità di terreni per installazione di rinnovabili e l’elevato irraggiamento e al contempo diminuendo la variabilità stagionale.
In questo modo, il Paese può diventare il “ponte infrastrutturale” tra l’Europa e il continente africano, abilitando quindi una maggiore penetrazione dell’idrogeno anche negli altri Paesi europei. Inoltre, la rete del gas italiana può costituire la base per accogliere sempre maggiori percentuali di idrogeno, attraverso una serie di investimenti mirati. Infine, il sistema energetico italiano, contraddistinto da un ruolo importante delle rinnovabili e da competenze distintive sul biometano, è in grado di integrare efficientemente l’idrogeno.
L’Italia potrà anche giocare un ruolo da protagonista nella riconversione tecnologica e nel consolidamento della filiera dell’idrogeno nei prossimi anni in virtù di un posizionamento forte in alcuni cluster, come quello della produzione di tecnologie termiche per l’idrogeno (primo produttore in Europa, con una quota di mercato del 24%), tecnologie meccaniche per l’idrogeno (secondo produttore in Europa, con una quota di mercato del 19%) e tecnologie per la produzione di idrogeno rinnovabile (secondo produttore in Europa, con una quota di mercato del 25%). Per poter beneficiare appieno del potenziale di sviluppo della filiera, l’Italia ha bisogno di investire in ricerca e di realizzare un ulteriore salto tecnologico. Nei diversi scenari di sviluppo ipotizzati, è stato stimato che in Italia si potrebbe attivare un valore della produzione delle tecnologie afferenti alla filiera dell’idrogeno compreso tra 64 e 111 miliardi di Euro al 2050, grazie anche alle attività di fornitura e subfornitura e all’effetto indotto sui consumi.
Il valore cumulato della produzione delle filiere connesse all’idrogeno, considerando effetti diretti, indiretti e indotto, nel periodo 2020-2050 è compreso tra 890 e 1.500 miliardi. In termini di contributo al Pil, è stato stimato un valore aggiunto (diretto, indiretto e indotto) compreso tra 22 e 37 miliardi al 2050. Il contributo all’economia è riconducibile anche all’occupazione, grazie alla possibile creazione, tra impatti diretti, indiretti e indotti, di un numero di nuovi posti di lavoro compreso tra 320.000 e 540.000 al 2050. Per valorizzare le molteplici opportunità offerte dall’idrogeno e trarne i massimi benefici, lo studio suggerisce che l’Italia si doti di un piano basato su sei azioni: elaborare una visione e una strategia di lungo termine; creare un ecosistema dell’innovazione e accelerare lo sviluppo di una filiera industriale dedicata attraverso la riconversione dell’industria esistente e l’attrazione di nuovi investimenti; supportare la produzione di idrogeno decarbonizzato su scala nazionale; promuovere un’ampia diffusione dell’idrogeno nei consumi finali; incentivare lo sviluppo di competenze specialistiche sia per le nuove figure professionali sia per accompagnare la transizione di quelle esistenti; sensibilizzare l’opinione pubblica e il mondo dell’impresa sui benefici derivanti dall’impiego di questo vettore.