2035, addio a Diesel e benzina: chi pagherà il conto finale?

di Pierluigi Bonora

 

E così la Commissione Ue ha condannato a morte (per ora è una proposta, ma la realtà dei fatti è questa) le auto Diesel e benzina. La pena capitale sarà eseguita nel 2035 (Legambiente, presa dall’eccitazione ideologica, ha twittato che in Italia l’esecuzione dovrebbe essere anticipata addirittura nel 2030). Dal 2035, dunque, solo auto elettriche.

 

Mario Verna, direttore generale di Queen Car, commenta così su Linkedin il provvedimento che a Bruxelles hanno ribattezzato #Fitfor55, in relazione alla volontà di ridurre di un ulteriore 55% le emissioni di CO2, per azzerarle nel 2050: “Stiamo facendo da apripista per un’economia pulita – spiega la presidente Ursula von der Leyen, parlandone al quotidiano “La Stampa” -. Il principio alla base è sviluppare una nuova strategia di crescita verso un’economia decarbonizzata. Apripista, sviluppare una nuova strategia, dice: quindi, nessuna certezza, tutto ancora da pensare. L’unica cosa certa è la condizione di debolezza di un’Europa che prova a indebolirsi ancora, muovendosi a tentoni tra ideologie e frasi a effetto. Burocrazia e aumento delle tasse, indebolimento della competitività e dipendenza, crescita dei prezzi e marginalizzazione dei più deboli. Una transizione molto dogmatica e poco realistica per tempi e modi. Ma, soprattutto, poco democratica”.

 

Personalmente, condivido al 100% la riflessione dell’amico Verna, visto che l’Ue, nel procedere con il paraocchi su questa strada, non tiene in nessun conto degli impatti sull’economia e l’occupazione di questa scelta, oltre al fatto di bocciare a priori carburanti e motorizzazioni che negli ultimi tempi hanno dimostrato di abbattere drasticamente i vari tipi di emissioni. E chi se ne importa, poi, se questo mondo andrà incontro a ricadute pesantissime nel settore produttivo e di raffinazione che, in Italia, si è coraggiosamente ribattezzato – per sottolineare il proprio impegno “green” – come Unione nazionale energie per la mobilità.

 

Insomma, l’Ue dà la priorità alle parole e a sogni rispetto alla realtà dei fatti. La transizione ecologica, infatti, può avvenire sfruttando nel modo migliore e democraticamente tutte le tecnologie disponibili, elettrico compreso e anche con una priorità. Le rivoluzioni si vincono ragionando e mettendo a punto un piano di battaglia razionale e che non provochi vittime, come invece si sta facendo.

 

Lo stesso Oliver Zipse, presidente di Acea (l’Associazione delle Case auto europee) e numero uno di Bmw, gruppo impegnatissimo sul fronte elettrico, ma sempre con un occhio rivolto alla domanda del mercato, ha già trovato alcune incongruenze nella proposta della Commissione Ue. Per esempio, il fatto che Bruxelles fa “un preoccupante riferimento a soli 3,5 milioni di punti di ricarica entro il 2030, mentre secondo recenti calcoli un’ulteriore diminuzione delle emissioni di CO2 delle auto a -50 % nel 2030 richiederebbe circa 6 milioni di punti di ricarica pubblicamente disponibili”.

 

Senza contare, puntualizza Zipse, che “l’attuale proposta per un taglio ancora maggiore delle emissioni di CO2 entro il 2030 richiede un ulteriore massiccio aumento della domanda di mercato per i veicoli elettrici in un breve lasso di tempo“. E ancora: “Non è il motore a combustione interna a essere dannoso per l’ambiente, ma i combustibili fossili. Senza la disponibilità di combustibili rinnovabili, un obiettivo di riduzione del 100% nel 2035 è effettivamente un divieto del motore a combustione interna”.

 

Guardando all’Italia, Anfia, che rappresenta l’intera filiera automotive, si dice “sconcertata e preoccupata per una scelta ideologica che non tiene conto delle molteplici specificità della filiera automotive, penalizzando fortemente le nicchie d’eccellenza, in particolare quelle italiane”.

 

Chi risponderà di possibili perdite di occupazione? Per produrre un’auto elettrica occorre meno personale sulle linee di montaggio. E poi, che fine faranno i lavoratori che da sempre si occupano di motori tradizionali? Saranno tutti riconvertiti? In Francia e Germania i posti a rischio, rispettivamente, sono 100mila e oltre 200mila.

Intanto, la Cina ringrazia per l’incredibile assist in arrivo da Ursula von der Lyen e David Sassoli, presidente di Commissione e Consiglio Ue. È vero che anche in Europa si moltiplicano le fabbriche di batterie, ma la Cina sul fronte dell’elettrico, annessi e connessi, è avanti tantissimo, in particolare nell’approvvigionamento delle materie prime da utilizzare nelle Gigafactory.

 

L’aspicio è che il settore agisca unito per il bene della comunità e dello stesso ambiente e nel rispetto di una neutralità tecnologica sempre più ecosostenibile. Il dibattito è aperto e si intervenga con responsabilità e coscienza prima che accada l’irreparabile. Del resto, qualcuno potrebbe egoisticamente pensare, che alla fine a pagare eventuali errori di sottovalutazione saranno altri…

2 Comments

  1. Gabriele Besia says:

    Come faranno i governi senza i proventi delle tasse sulla benzina? E la corrente, la nostra Ursula, come pensa di faccia? L’inquinamento causato dalla produzione e smaltimento degli accumulatori come pensa di abbatterlo?

  2. sparviero says:

    IMBECILLI DEMAGOGHI INVASATI E IGNORANTI !!!

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