2020: prima te ne vai, meglio è
di Giordano Biserni, presidente di Asaps
Per questo 2020 se volessimo cominciare dall’analisi del suo andamento dovremmo prendere questo foglio e stracciarlo a coriandoli per cercare di fare allegria, per quanto è stato tragico e ignobile oltre ogni limite immaginabile. Poi si dice dei bisestili… E’ iniziato malissimo con i primi cenni già a fine gennaio di questa allora definita epidemia, poi diventata a pieno titolo pandemia alla fine di febbraio anche nel nostro Paese, con l’individuazione dei due turisti cinesi arrivati in Italia e l’esplosione dei primi focolai e l’istituzione delle prime zone rosse come a Codogno. Un comune accerchiato dalle forze di polizia col divieto di entrata e di uscita, poi è seguito quello che tutti sappiamo. Lockdown generalizzato per oltre un mese, breve pausa estiva, ma con la “bestia” silenziosa sempre circolante e con molti che accettavano il rischio tra spiagge gremite, movide serali e viaggi all’estero in paesi più pandemici del nostro. Un vero azzardo.
Le conseguenze ora, mentre scrivo, le stiamo pagando tutte con interessi usurai. Non sto qui a dire cosa non ha funzionato, l’elenco sarebbe lungo. Chi ha sbagliato, per esempio tra i non pochi “esperti” immunologi divisi come banali tifoserie di calcio tra quanti ritenevano che la “bestia” fosse ormai domata e comunque tenuta bene sotto controllo e gli altri più prudenti e qualche volta dall’aria catastrofista che invece ci dicevano di non cantare vittoria perché… Ecco ora sappiamo chi aveva ragione.
Le domande che ci frullano per la testa sono tante, la prima è: cosa si è fatto da giugno a settembre per alzare gli argini contro questa tragedia annunciata? Poco. Lunghe discussioni persino sulla utilità dei banchi con le rotelle, o sulla necessità di approvvigionarsi di quantità industriali di tamponi. Poche risposte sui trasporti, sulla organizzazione da realizzare per un sistema di “tamponamenti” (un termine equivoco per una rivista che si occupa di sicurezza stradale) diffuso e generalizzato per inseguire e tagliare la strada alla “bestia” che purtroppo è stata troppo veloce e noi lenti e distratti da un forse necessario recupero di una dimensione più umana della vita.
A questo punto non abbiamo neanche tanta voglia di fare una analisi dell’incidentalità nell’anno che, a conferma di quanto fosse infausto, aveva già esordito la notte del 7 gennaio con il tragico incidente della Val Aurina quando un conducente ubriaco iperdotato di berlina germanica travolse e uccise 8 studenti tedeschi in vacanza in Alto Adige e già lì, noi che curiamo gli osservatori sulle stragi del sabato sera, ci dicemmo: ragazzi comincia davvero male… Ma non conoscevamo il seguito. Nel 2020 il tema sinistrosità stradale è poi scomparso dai media inghiottito dalle fauci del Covid-19.Per sentir parlare di mobilità c’è voluta la nuova normativa sui monopattini, la mini riforma del Codice della Strada con le nuove più libere regole per la circolazione dei ciclisti, e l’inaugurazione del nuovo viadotto San Giorgio di Genova dopo il crollo due anni prima del viadotto Morandi.
Nessuno, tranne noi di Asaps, si è accorto che appena ripresa una mobilità quasi normale abbiamo fatto in tempo a vedere 167 motociclisti morti nei soli fine settimana dei tre mesi estivi o i 21 bambini morti sulle strade nella stessa estate scorsa che al momento in cui andiamo in stampa sono già 34 da inizio anno. Solo noi ne abbiamo parlato. Ovviamente, le vittime sulle strade sono sensibilmente diminuite in questo tragico 2020. Certo con i lunghi periodi di lockdown primaverile, col blocco dei locali della notte in autunno e tutto il resto, non poteva che essere così.
E ora? Eravamo abituati ad avere paura della violenza fisica, anche della violenza stradale, degli ubriachi alla guida, avevamo paura della violenza verbale, pensiamo all’esplosione di odio scatenata anche in questo periodo dai leoni di tastiera sui social. Ma ora abbiamo un’altra nuova paura. La paura del respiro, anche quello dei nostri amici, dei nostri figli, dei nostri nipoti che se non conviventi non possiamo più neppure abbracciare.
E allora caro 2020 con prima te ne vai meglio è! E che Dio ce la mandi buona.