A sole 15 settimane dalla fine del periodo di transizione della Brexit, i leader europei dell’industria automotive uniscono le forze nel chiedere che la Gran Bretagna e l’Unione europea, si assicurino un ambizioso accordo di libero scambio senza ulteriori posticipi. I negoziatori di entrambe le parti devono ora fare tutto il possibile per evitare un’uscita senza accordo al termine della transizione, che, secondo gli ultimi calcoli, costerebbe al settore pan-europeo dell’automotive qualcosa come 110 miliardi di euro di perdite a livello commerciale nei prossimi cinque anni, mettendo a rischio posti di lavoro in un settore che garantisce occupazione a 14,6 milioni di persone, in pratica 1 posto di lavoro su 15 sia in Ue sia in Uk. Di seguito la posizione italiana.


Ue-Regno Unito: tariffe doganali sarebbero un disastro

di Gianmarco Giorda, direttore di Anfia
 
Il Regno Unito è uno dei maggiori partner commerciali per l’industria automotive italiana, il terzo mercato di destinazione per parti e componenti per autoveicoli, con il più alto avanzo commerciale positivo (1,34 miliardi di euro nel 2019), e il quarto per le autovetture. Come ben evidenziato dalla pandemia, c’è una forte connessione delle catene di fornitura tra i Paesi europei dell’automotive e la relazione tra i fornitori italiani di componenti e gli Oem locali in Uk è irrinunciabile in un momento delicato di lenta ripresa come l’attuale.
 
Il punto è quindi evitare l’introduzione di nuove tariffe doganali, di lunghe pratiche burocratiche e un’impennata dei prezzi, salvaguardando così la competitività del settore automotive sia in Italia che nel Regno Unito.  

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