Trasportare l’Italia nel futuro, Unrae spiega come

Negli ultimi 10 anni i costruttori hanno perso 1,5 miliardi di fatturato, l’autotrasporto 135.000 posti di lavoro, lo Stato 105 milioni di entrate fiscali.
Unrae, l’Associazione delle Case Automobilistiche Estere presenti sul mercato italiano, ha organizzato una conferenza stampa, presentando per l’occasione due studi affidati adenti di ricerca esterni: quello di GiPA, Istituto di ricerche di mercato specializzato nell’after sales automotive, e quello RIE, Centro Ricerche Industriali ed Energetiche, intesi a far conoscere la situazione reale dell’autotrasporto e individuare le strade razionalmente percorribili per raggiungere possibili obiettivi realistici di efficace sostenibilità ambientale ed economica, sottraendo l’evoluzione di un settore strategico come quello dell’autotrasporto a tentazioni demagogiche e soluzioni improvvisate.
 
Lo studio di GiPA
 
Ll’Italia ha in mano un’opportunità straordinaria di rinnovare il suo parco circolante – tra i più vecchi d’Europa – e raggiungere simultaneamente più obiettivi: dalla diminuzione dei consumi e delle emissioni di CO2 e di inquinanti atmosferici, alla riduzione della spesa per il carburante, ai benefici per la sicurezza stradale. Marc Aguettaz, amministratore delegato di GiPA Italia, ha sottolineato che “Lo studio prevede vari scenari secondo diversi piani di rinnovamento del parco circolante dei veicoli industriali. Gli scenari maggiormente efficaci fanno riferimento a un orizzonte temporale di medio periodo, ma saranno realizzabili a patto che tutte le forze in campo abbiano un obiettivo comune e riconoscano all’autotrasporto la centralità che gli spetta nel sistema Paese”.
Dal punto di vista ambientale, afferma l’indagine di GiPA, per quanto sia difficile quantificare le riduzioni di CO2 emessa negli ultimi anni, poiché esiste una relazione diretta tra i consumi di carburante e le emissioni di CO2, è possibile stimare che in Italia, tra il 2000 e il 2016, per il solo contributo delle innovazioni tecnologiche introdotte, ci sia stata una riduzione di circa il 16% delle emissioni di gas serra imputabili al trasporto merci. Tale riduzione è stata ottenuta faticosamente in mancanza di un adeguato rinnovo del parco circolante
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“Assumendo che l’entità del parco circolante italiano per il trasporto di merci rimanga ora costante – ha affermato Aguettaz – e nella prospettiva assolutamente teorica che i consumi per ogni singolo veicolo nuovo non si riducano più, in una ipotesi di completo rinnovo del parco in venti anni, da qui al 2039 si avrebbe un risparmio di 22 miliardi di litri di gasolio, pari ad una riduzione della CO2 emessa di 58 milioni di tonnellate”.
Lo studio di RIE
Lo studio di RIE (Centro Ricerche Industriali ed Energetiche) è stato condotto con l’obiettivo di valutare in che modo e con quale impatto le nuove tecnologie motoristiche potranno dare risposte concrete alla transizione energetica. Partendo dall’analisi dei dati del settore dal punto di vista delle motorizzazioni presenti e delle ipotesi di rinnovo del parco circolante, lo studio riconosce che la possibilità di ridurre le emissioni inquinanti certamente continuerà nei prossimi anni, ma sarà fortemente condizionata dalla rapidità con la quale verrà rinnovato il parco applicando il principio della neutralità tecnologica.
“Ragioni tecnologiche, economiche e sociali rivoluzioneranno anche il futuro della mobilità delle merci. Ma non sarà certamente scommettendo su una sola tecnologia – ha sottolineato Alberto Clô, presidente di RIE e coordinatore della ricerca – che si otterranno rapidamente i minori impatti ambientali possibili. Il diesel continuerà a governare la transizione energetica in corso, in virtù delle sue caratteristiche funzionali e grazie alle sofisticate tecnologie motoristiche adottate, destinate all’abbattimento delle emissioni”.
“Progressive evoluzioni radicali sono certo prevedibili – ha continuato Clô – ma tutt’altro che rapide. Al momento, il rinnovo del parco circolante che punti ad un rapido ricambio delle motorizzazioni più vecchie con le declinazioni diesel di ultima generazione (quale l’Euro VI-d) rappresenta la scelta più realistica ed efficace in termini di abbattimento degli inquinanti. Il mercato ci dimostra come questa considerazione sia realistica, non reazionaria.”
Il saluto del Governo
Sulla falsariga di quanto riportato negli studi, il messaggio di saluto inviato dal sottosegretario di Stato al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, on. Vannia Gava. Il Sottosegretario ha ricordato come sia compito del Governo fare tesoro dell’esperienza e dei suggerimenti degli attori storici del settore, che hanno finora sopportato con costi spesso eccessivi e prospettive precarie la carenza di strategie politiche, preoccupandosi di creare le condizioni migliori per favorire un’inversione di tendenza che riporti a casa entrate fiscali e occupazione.
L’on. Gava ha quindi sottolineato che nell’ambito di una politica coerente di sviluppo della mobilità sostenibile è necessario fare tutto il possibile, soprattutto sul piano normativo, per garantire che il parco dei veicoli per il trasporto merci possa raggiungere almeno gli standard europei, ponendosi già nella prospettiva della decarbonizzazione più rapida possibile.
 
Il presidente Franco Fenoglio
Il Presidente della Sezione Veicoli Industriali di Unrae, Franco Fenoglio, ha esordito ricordando che Unrae ha deciso di commissionare le ricerche presentate oggi nell’intento di portare un contributo di chiarezza e di realismo nell’informazione sul settore, sottolineando come si dimostri strabica e priva di ogni fondamento ragionevole e concreto una politica che da un lato obbliga i costruttori a impegnarsi in sforzi finanziari e tecnologici inauditi per ridurre le emissioni nocive allo scarico dei veicoli, mentre dall’altro non si impegna in alcun modo serio a favorire la più rapida entrata in circolazione di quegli stessi veicoli, emanando provvedimenti sulla circolazione provvisori e scoordinati (soprattutto a livello locale) e destinando risorse finanziarie al mantenimento di misure improduttive in termini tanto di reale riduzione dell’inquinamento ambientale, quanto di  razionalizzazione dell’autotrasporto.
 
“Nonostante i moderni sistemi di connettività/rilevazione/controllo disponibili, la capacità di carico dei veicoli, secondo i dati dell’EEA (Agenzia Europea per l’Ambiente), è sfruttata per non più del 60%, con un impegno assurdo e improduttivo di infrastrutture già insufficienti sia come quantità che come qualità – ha sottolineato Fenoglio – mentre un sistema innovativo programmato, oggi possibile e già in essere presso molte realtà imprenditoriali, è in grado di risolvere anche il problema dell’inutile eccesso di congestionamento sulle strade, dando un contributo fondamentale all’incremento della sostenibilità ambientale e della sicurezza. Per questo Unrae  chiede al Decisore politico di salvaguardare le forme di sostegno esistenti, in grado di favorire lo spostamento del sistema dei trasporti verso un futuro concretamente più sostenibile, mantenendo gli strumenti per realizzare politiche efficaci di sostegno al rinnovo del parco circolante, quali possono essere il superammortamento e l’iperammortamento“.
“Parlare di “obiettivi di sistema condivisi – ha continuato Fenoglio – può sembrare arduo, in presenza di risorse scarse e in assenza di programmazione politica certa e razionale dello sviluppo. Riconosciamo l’esistenza di un problema e sappiamo di esserne parte. Vogliamo quindi essere parte della sua soluzione e non intendiamo affatto sottrarci all’impegno per quanto di nostra competenza. Unrae ha sempre creduto in un approccio di sistema e cercato con convinzione di condividere gli obiettivi strategici con le altre forze in campo, sia imprenditoriali che di governo, per una azione comune”.
“Mentre noi – ha continuato Fenoglio – discutiamo ancora su tavoli diversi come spendere i fondi destinati all’autotrasporto, la Germania offre due anni di transito gratuito sulle autostrade agli autoveicoli dotati di motorizzazioni di ultima generazione e studia un piano di rottamazione programmata, cosa che sta facendo anche la Spagna. Nel frattempo l’Italia, quinto Paese esportatore nel mondo, è finita al 19° posto nella classifica delle performance logistiche e ha visto le sue imprese di autotrasporto ridurre del 75% la presenza sulle rotte internazionali”.
“Le aziende maggiori e più strutturate sono emigrat – rileva il presidente – le più piccole sono scomparse, in conseguenza soprattutto degli alti costi di gestione (in particolare del personale), della pressione fiscale e delle difficoltà burocratiche. Dal 2008 il settore ha perso in Italia 135.000 addetti, senza contare l’indotto. Il bilancio dello Stato ha perso 105 milioni di entrate fiscali, i costruttori di veicoli industriali 1,5 miliardi di fatturato. Passando poi all’esame dell’andamento dei più recenti dati di mercato e delle stime che su di essi si possono ricavare, visto il perdurare dell’incertezza che da troppo tempo accompagna l’economia italiana, emege che non ci sono elementi che consentano di andare oltre una previsione di calo del mercato nel 2019 pari al 10% rispetto al 2018, che – a sua volta – dovrebbe far registrare circa 27.000 unità (+10,9%)”.
 
Richieste concrete, urgenti e praticabili
Dopo aver dato uno sguardo critico al modo nel quale le Istituzioni europee gestiscono i problemi dell’autotrasporto sia sul piano organizzativo che su quello ambientale, Fenoglio ha elencato le proposte di Unrae per creare migliori condizioni allo sviluppo dell’autotrasporto e del mercato dei veicoli: rendere strutturale il sostegno agli investimenti; costruire un sistema di incentivazione al rinnovo del parco basato sul principio “chi più
inquina ed è meno sicuro, più paga”; ridare efficienza alla burocrazia amministrativa e tecnica; impiegare risorse nella preparazione professionale dei giovani; adoperarsi in Europa per ristabilire le regole di una corretta competitività anche nell’autotrasporto.

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