Revisioni: ritardi pericolosi

di Pier Luigi del Viscovo, direttore del Centro studi Fleet & Mobility

Le macchine vecchie, se tenute bene e in ordine, sono inquinanti e poco sicure. Se tenute male e non revisionate, peggiorano e di molto. Sul fronte inquinamento, un motore vecchio si aggiunge alle caldaie, alle fabbriche e alle centrali elettriche. Sul versante sicurezza l’impatto è diverso. Pneumatici molto usurati e freni non funzionanti fanno la differenza tra un tamponamento e un incidente mortale. Non si ammala nessuno: si muore. Eppure, se uno volesse continuare a girare su un’auto vecchia di oltre 16 anni e con più di 250mila chilometri sul groppone,potrebbe tranquillamente, senza nemmeno bisogno di fare la revisione.
L’Italia è stata la prima, col Decreto 18 Cura Italia, a posticipare a ottobre tutte le revisioni scadute fino a luglio. Ci poteva stare e anche bastare, in tempi di lockdown. Ma il governo non si accontenta e vuole sempre il massimo per i suoi cittadini. Così, quando la Commissione Ue, con il Regolamento 698, ha prorogato di 7 mesi le Revisioni in scadenza da febbraio ad agosto 2020, l’Italia è stata, a oggi, l’unico Paese a non «decidere di non applicare» tale proroga, come previsto dalla stessa Commissione per quei Paesi che avessero già adottato simili provvedimenti. In pratica, per revisioni in scadenza ad agosto si può circolare fino a marzo 2021.
Non parliamo di piccoli numeri. Secondo un’analisi di Dekra, sono circa 4,2 milioni le auto interessate da questo inopinato salvacondotto, a danno della sicurezza dei cittadini; soprattutto i più esposti, quelli che girano su due ruote. Oltre alla sicurezza, il cuore tenero verso i possessori di questi mezzi inadeguati procura anche un danno economico, alle centinaia di migliaia di officine che con quelle revisioni (costo unitario 60 euro) avrebbero dovuto pagare lo stipendio dei dipendenti: circa 100 milioni di euro.
Ma non sono problemi per governo e amministrazioni locali, sensibili alla salute dei cittadini solo per poter sventolare bandiere ideologiche. Fanno a gara a chi è più solerte e rigoroso a scoraggiare l’uso dell’auto; non incentivano l’acquisto di quelle nuove, sicure e pochissimo inquinanti; però, buttano centinaia di milioni per finanziare i benestanti che vivono in centro e che adesso vogliono muoversi in bici senza sudare, che fa tanto chic.

 

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