Ferrari e Ducati, non è solo sport

di Benny Casadei Lucchi

Da domenica a domenica, in sette giorni, un Paese con parecchi problemi da risolvere tutt’altro che sportivi è riuscito attraverso lo sport a farsi amare e rispettare di più. Amare di più dalla propria gente. Rispettare di più dall’altra gente, quella oltre confine, quella da spread, sorrisini, dazi, giudizi e affacciata sempre sui fatti nostri. Forse, da domenica 25 marzo e fino a quando questa onda rossa ci accompagnerà, in giro per l’Italia ci sarà qualche anima in più che inizia a pensare positivo. O almeno ci prova. Perché la forza del successo della Ferrari a Melbourne e di quello della Ducati l’altra domenica in Qatar sta proprio nel non rappresentare solo delle vittorie sportive, bensì un segnale di che cosa questo Paese sia realmente in grado di fare. E poco importa che a Maranello abiti qualche tecnico straniero, così come a Bologna, a Borgo Panigale, arrivino iniezioni di capitali tedeschi. Contano organizzazione, lavoro, genialità, fantasia, progetti, realizzazione. Conta il saper fare tutto italico.

L’Italia senza rivali

La nazionale di calcio ci ha fatto trepidare e gioire e sognare con le sue vittorie passate tanto quanto ci fa ora soffrire e patire per le umiliazioni subite e la ferita aperta del mondiale mancato.

Però si tratta di un dolore e un patriottismo puramente sportivi. La Ferrari di domenica, la Ducati dell’altra domenica non sono solo sport. Sotto quel traguardo hanno entrambe rivolto in mondovisione agli invadenti d’Oltreconfine un messaggio ben diverso e ben più importante: che se la nostra gente e la nostra industria sono in grado di costruire questo, allora non c’è sorrisino e non c’è spread che tenga. Prima o poi ce la faremo.

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