Donne e uomini ugualmente a rischio sulla strada

di Gianfranco Chierchini

 

Nel 2015 le donne decedute in incidenti stradali sono state 669, circa il 20% dei 3.428  decessi complessivi. La percentuale diventa quasi il 40% per il numero delle donne ferite: 97.140 su un totale di 246.920  persone che hanno dovuto essere trasportate ad un Pronto Soccorso. Le 669 morti femminili sono frutto di tre voci:   246 erano “conducenti” di autovettura o di un qualsiasi altro veicolo,  208 erano “trasportate”  su un veicolo a quattro o due ruote e  215 erano “pedoni”.  Mentre per le donne queste tre voci hanno un peso simile, per gli uomini il peso della voce “conducente”  è molto più elevato, 2.013 decessi, rispetto ai  269 “trasportati” e ai 387 “pedoni”. Un ulteriore approfondimento nelle statistiche Aci -Istat ci informa che delle 246 morti di donne “conducenti”,   175, circa il 70%,  erano  alla guida di un’autovettura;  una percentuale che sale all’80%  se si raffronta il numero delle 169 donne decedute mentre erano “trasportate”  su  un’autovettura rispetto al totale delle 208  “trasportate” con tutti i  veicoli. Rispetto alle persone “trasportate” sulle due ruote che sono rimaste ferite, spesso in modo grave,  è da segnalare che le donne presentano numeri maggiori a quelli degli uomini: sono state 668 le donne trasportate e cadute da un ciclomotore, rispetto ai 588 maschi trasportati e caduti, e sono state 3.232 le femmine trasportate e cadute da un motociclo contro i 1.641 maschi trasportati e caduti. Mentre il motivo del divario di quest’ultimo confronto  è facilmente  comprensibile, più difficile è l’analisi delle morti e dei feriti di una delle categorie notoriamente più a rischio: i pedoni,  maschi e femmine, di 65 anni d’età e oltre. Risulta che sono morti 229 maschi e 149 femmine mentre camminavano a piedi, i primi attorno al 60% rispetto alle seconde. Ma se analizziamo i pedoni feriti di questa classe d’età, il rapporto quasi si inverte: i maschi feriti sono stati 2.726, circa il 43%,  mentre le femmine sono state 3.606. I feriti  “trasportati”, sempre di questa fascia d’età “anziana”,  vedono invece una netta prevalenza del sesso femminile: le morti di donne trasportate sono state 82 contro le 46 maschili e le anziane signore ferite sono state 4.013 contro i 1.313 signori.   Se poi prendiamo in considerazione la voce “conducente”  ultrasessantacinquenne, la percentuale dei decessi maschili è preponderante su quelle femminili (520 contro 62: quasi il 90%),  così come gli anziani feriti maschi sono stati 13.788 (una percentuale un po’ inferiore, ma sempre attorno al 70%),  rispetto alle 4.122  signore anziane ferite. Su questi ultimi aspetti è fin banale richiedere che gli esami per il rinnovo delle patenti di guida siano maggiormente attenti alle condizioni psicofisiche della persona anziana (ma anche di quelle più giovani …). Più in generale, è fin banale ribadire che  non esiste una propensione femminile a creare  o subire incidenti stradali, maggiore di quella maschile.  Gli istruttori di corsi di guida sicura potrebbero testimoniare le medesime condizioni di incapacità (ad esempio, non saper frenare in curva) all’inizio di un corso, e le medesime capacità acquisite (ad esempio, la posizione di guida) al termine anche di una sola giornata, che riscontrano tra maschi e femmine. C’è piuttosto da ribadire che i 3.428 morti e i 246.920 feriti  del 2015, poco importa il loro sesso,  sono un peso che una società non può sopportare, anche perché è relativamente semplice ottenere importanti risultati  con strumenti ormai ovvi:  primo tra tutti,  una politica  di  “seria divulgazione”  sui pericoli legati ai comportamenti individuali scorretti, di un uomo o di una donna non fa differenza.

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