Cisitalia, storia di uno stambecco che si credeva calabrone…

di Riccardo Bellumori (www.inforicambi.it)

Il calabrone è un assurdo scientifico: dimensioni e equipaggiamento alare ne dovrebbero impedire il volo, che tuttavia avviene.
Cisitalia aveva nel suo logo lo Stambecco. Ma la sua storia leggendaria la fa sembrare incredibile come il volo di un calabrone.
La Cisitalia, creatura post bellica di un geniale, ricchissimo e irrequieto Piero Dusio ha collezionato nei suoi primi ed unici quattro anni di vita dei primati ineguagliati, ha trasformato la direzione del mercato e dello stile dell’auto, soprattutto grazie all’incontro, in una organizzazione antesignana della filosofia “Open Source”,  di mostri sacri della storia dell’auto come Karl Abarth (le cui prime realizzazioni derivano da scocche prese da Cisitalia, compresa la “Abarth 204” con cui Tazio Nuvolari finirà la sua carriera di pilota nel 1950) ; Ferry Porsche (il papà della misteriosa e onirica “360 Grand Prix”); Dante Giacosa (che disegnò la “D46” nel ripostiglio della villa di Dusio, e solo la notte, per non incorrere nelle ire della Fiat presso cui lavorava regolarmente il giorno….); un giovane Battista “pinin” Farina, che proprio con la Cisitalia “202” firmò la sua vera opera prima che lo lanciò nel Gotha del Design artigianale automobilistivo; ma soprattutto Tazio Nuvolari, che con Dusio avrebbe dovuto partecipare al primo Mondiale di Formula Uno del 1950 alla guida della “360 Grand Prix”. E sempre Cisitalia invenò il primo Campionato Internazionale “monomarca” facendo correre in Egitto le “D46” pensate proprio come auto “entry level” al mondo delle corse, adatte a correre su pista, terra battuta e strada.
E ancora Dusio, nel cercare il “calabrone” anche nella produzione stradale, spinse i suoi fuoriclasse ingegnosi Giacosa, Savonuzzi e soprattutto Battista “pinin” Farina a a dar corpo a quella “202” che, nel 1950, guadagnò l’appellativo di “scultura in Movimento” e l’esposizione permanente al MOMA di New York. Prima auto al mondo.
1950: la “scultura in movimento” Al Museo di Arte Moderna a New York

La “202” Pininfarina spegne idealmente 70 candeline quest’anno. Destinata a cambiare i canoni dell’auto moderna (doveva “consumare come una utilitaria, essere spaziosa come una Bentley e veloce come una sportiva” secondo una leggenda che indica in Dusio il padre di questa frase) fu vittima del rapido tramonto dell’intera Impresa. Nel 1949 Cisitalia SpA deve subire l’amministrazione controllata, a causa del conto economico disastrato da costi ingestibili, ultimo dei quali il tentativo “360 Grand Prix” per il nascente Mondiale di Formula Uno del 1950. Una spesa folle e inquietanti similitudini con la “Sockol 650” e la “Voiturette” 1.500 cc di Auto Union, mai nata e rimasta nelle carte che i Russi sequestrarono insieme a tutto lo stabilimento della Casa degli Anelli come bottino di Guerra una volta entrati in Germania.
E poi accadde…

La seconda Cisitalia finisce nel 1964 con Carlo Dusio, figlio di Piero, che darà vita a piccole serie di elaborazioni su base Fiat 600, 850; a due berline poco fortunate come la “303” o la “505”. E soprattutto proseguirà la realizzazione su ordine della 202, ormai condannata dal suo piccolo 1100, tanto è vero che per vedere una cilindrata maggiore sulla “202” dovremo attendere la sperimentale “Voloradente” di 2800 cc e con un motore marino, dell’inizio degli anni Sessanta. Giunto allo stremo, si narra che Carlo Dusio nel 1963 gettò per protesta un albero motore della “360 Grand Prix” nelle acque del Po, e chiuse definitivamente il sipario sulla storia della “Cisitalia”.
L’ultimo tentativo
Nel 1998, ben 52 anni dalla nascita della prima “Compagnia Italiana Automobili Cisitalia Spa” (1946) lo stesso Carlo Dusio rilancia una proposta di “ritorno” e presenta la “Cisitalia D98-1100”, evocativamente erede della “D46”, per la Categoria “Formula Fire” nata nel 1991 e trasformata poi nella “Formula Junior Monza”.
No, davvero nulla di paragonabile alla storia di quella Cisitalia che alcuni nostalgici, che conoscono la vicenda, chiamano “la Porsche italiana.. E qualcosa di vero deve esserci, visto che la neonata Porsche dedicò alla memoria di Dusio il nome “Spyder” per la sua “550”, proprio perché identificava nelle realizzazioni del geniale Piero l’essenza stessa di questo concetto di auto.

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