“100 numeri per capire l’autotrasporto: attori e filiere”

Più società di capitali, consorzi e cooperative, boom dei contratti di rete, fatturato globale in crescita pur in presenza di un ridimensionamento del numero totale delle aziende. L’istantanea dell’autotrasporto italiano riproduce un settore in consolidamento: negli ultimi cinque anni (dal 2014 al 2019) secondo i dati di Infocamere, sono state chiuse 10mila aziende di trasporto merci su strada, ma chi è rimasto sul mercato ha rafforzato la propria massa critica, cercando nuove forme collaborative in grado di soddisfare le mutate esigenze del mercato, una domanda in grande evoluzione dovuta a scenari disruptive, come l’exploit dall’e-commerce per le consegne in città, l’ingresso nella logistica di un colosso come Amazon, la digitalizzazione delle filiere, l’esigenza di abbassare l’impronta ambientale e la riorganizzazione delle supply chain in molti settori di respiro internazionale. I traffici sono tornati a crescere anche per le aziende dell’Europa occidentale, ma la ripresa è ancora instabile. In particolare in Italia, il gap infrastrutturale, l’assenza di una politica industriale dedicata e l’instabilità del ciclo economico potrebbero determinare l’ennesima inversione di tendenza.

L’avvento della logistica collaborativa è tra le novità affrontate dal volume “100 numeri per capire l’autotrasporto – Attori e Filiere” di Deborah Appolloni, Umberto Cutolo e Maria Carla Sicilia, edito da Federservice (Uomini e Trasporti), presentato a Roma presso il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. La pubblicazione, alla seconda edizione (la prima nel 2017), affronta attraverso lo studio di dati statistici, l’evoluzione dell’autotrasporto e della logistica italiana anche in relazione al contesto europeo. Inoltre, questa edizione approfondisce una serie di filiere tra cui, l’agroalimentare, il farmaceutico, le merci pericolose, i container, il fashion, i rifiuti, il trasporto di opere d’arte e di manufatti di dimensioni eccezionali.

Oggi in Italia si contano poco meno di 90mila aziende di autotrasporto (89.770 secondo la rilevazione di Infocamere al 31 agosto 2019) con un fatturato complessivamente in crescita. Secondo la stima dell’Osservatorio Contract Logistics del Politecnico di Milano nel 2019 il fatturato della logistica si è attestato a 84,5 miliardi di euro, di cui circa il 50% è imputabile all’autotrasporto con la quota più elevata, circa il 32%, riconducibile alle società di capitali. Sono infatti proprio queste che stanno segnando le performance più interessanti: in cinque anni sono aumentate del 24,7%, (4.583 aziende in più). Un trend assimilabile si nota anche per le forme consortili e cooperative che crescono del 7,5% (395 realtà in più). Più del 52% delle aziende italiane rimane ancora inquadrabile nella categoria dei cosiddetti “padroncini” (46.991 ditte individuali), ma sono proprio queste a soffrire di più: dal 2014 al 2019 sono diminuite del 21,4%, cancellando 12.822 realtà.

Un altro segnale che conferma il processo di consolidamento è l’esplosione dei contratti di rete: dal 2008 al 2018 sono aumentati del 461% e oggi si attestano a 432 organizzazioni. L’unione, sotto diverse forme, è stata la risposta del settore a una domanda che sta ancora cambiando i parametri di selezione: comincia a prevalere la specializzazione per filiere o legata a servizi esclusivi e aggiuntivi, viene richiesta maggiore flessibilità, tempi di consegna più rapidi, capillarità, tracciabilità e sostenibilità. Insomma, un’offerta strutturata che difficilmente può essere il lavoro di una piccola realtà.

Il consolidamento porta lavoro nel settore: gli addetti passano da 307mila del 2014 ai 328.627 del 2018 (dati Albo Autotrasporto), mentre anche l’Italia deve fare i conti con l’emergenza della mancanza di autisti. Secondo diverse stime ne mancherebbero circa 15.000. Le riserve provenienti dall’Est si stanno esaurendo e paesi come la Romania e la Polonia stanno occupando la forza lavoro locale in aziende di trasporto internazionale che oramai crescono a doppia velocità. Molte realtà italiane guardano ai Paesi del Nord Africa o addirittura alle Filippine per assumere autisti che però hanno bisogno di step formativi ulteriori rispetto al personale proveniente dall’Unione europea.

I traffici tornano a crescere. In dieci anni l’Italia ha perso quasi il 40% delle merci trasportate su strada, passando dai 1,5 miliardi del 2008 ai 920 milioni di tonnellate del 2018 (dati Eurostat), e oggi si attesta come il sesto mercato per quantità di merci trasportate, dopo Germania, Francia, Spagna, Gran Bretagna e Polonia. Proprio quest’ultimo è diventato il grande campione dell’autotrasporto europeo, scalando la classifica in termini di quantità che sono cresciute del 27,1% passando da 1 a 1,3 miliardi di tonnellate tra il 2008 e il 2018.

Ma in questo scenario deformato dai cicli altalenanti dell’economia e dalla concorrenza (spesso sleale) delle aziende dell’Est Europa, si intravede un nuovissimo trend: il ritorno delle merci verso Ovest. Infatti, se si analizza l’andamento dei traffici in termini di volumi nel 2018, si nota, rispetto al 2017, un incremento delle quantità nei mercati occidentali: in Italia le tonnellate trasportate su gomma sono aumentate del 4%, in Francia del 5,3%, in Spagna del 4,6%, in Germania dell’1,2% e in Gran Bretagna dell’0,5%.

E all’Est? La Polonia ha perso il 7,4% delle tonnellate di merci su gomma, la Bulgaria il 5,4%, mentre anche Romania e Slovacchia stanno rallentando. La ripresa è probabilmente dovuta all’incremento dell’interscambio nel commercio mondiale, ma potrebbe costituire il primo segnale di un’inversione di tendenza: la crisi si è abbattuta sull’autotrasporto occidentale (e in particolare su quello italiano) con molta durezza, ne ha cambiato il volto, lo ha messo al palo per un decennio, ma le aziende (quelle che sono rimaste sul mercato) hanno capito la lezione, si sono rimboccate le maniche, rafforzando gli aspetti qualitativi della loro tradizione, ma soprattutto aprendosi alle connessioni, grazie all’avvento inarrestabile della tecnologia.

 

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