Recessione: per l’Italia la peggiore dalla guerra

di Gian Primo Quagliano, presidente del Centro studi Promotor

Con il pesantissimo calo del primo trimestre 2020, (-5,3%) che aveva fatto seguito alla contrazione dello 0,2% registrata nel quarto trimestre 2019, il Pil italiano era entrato in recessione tecnica. Con l’ancor più pesante calo che emerge dai dati diffusi dall’Istat (-12,4% nel secondo trimestre 2020 sul trimestre precedente) l’Italia entra clamorosamente in recessione conclamata. E’ facile prevedere che l’andamento del secondo semestre dell’anno sarà ancora negativo, ma non è certo impresa facile ipotizzare l’entità del calo dell’intero 2020. Secondo l’ultima stima della Commissione Europea la contrazione di quest’anno dovrebbe essere dell’11,2% e sarebbe il calo più pesante registrato dal Pil nella storia dell’Italia unita dopo quelli del 1943 e del 1944. Il Pil italiano (a prezzi costanti 2010) tornerebbe indietro di 23 anniscendendo a quota 1.440 miliardi, cioè allo stesso livello degli anni 1996-1997.

Negli ultimi 30 anni il Pil italiano in euro 2010 è passato da quota 1.327 miliardi del 1990 a quota 1.687 miliardi nel 2007 per sprofondare poi nel 2013 a 1.541 miliardi (livello uguale a quello del 2000), per recuperare quindi fino a 1.621 nel 2019 e sprofondare di nuovo nel 2020 fino al livello di 23 anni fa. E’ del tutto evidente che per superare questa difficilissima situazione il nostro Paese ha bisogno di interventi, non solo immediati ma anche radicali e incisivi.

Anche ammettendo che il crollo dovuto alla pandemia da coronavirus potesse essere colmato in tempi ragionevolmente brevi, rimarrebbe sempre da recuperare il ritardo che già nel 2019 vi era rispetto al 2007, ritardo che segna una pesante interruzione nel percorso secolare di crescita del Pil italiano e anche una drammatica anomalia rispetto alle altre economie avanzate che hanno superato in pochi anni la crisi del 2008 per continuare poi a crescere fino alla battuta d’arresto del 2020.

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