Quando un’auto è storica?

di Pier Luigi del Viscovo*

La politica sta decidendo se dimezzare il bollo sulle auto storiche comprese tra 20 e 30 anni di anzianità. L’idea originaria è di aiutare quei pochi che conservano un oggetto di valore storico, che mantenga viva la cultura motoristica italiana, che tanto ha dato nel ‘900 al mondo intero. La pratica è ben più misera, consentendo a tutte le macchine di pagare la metà per il solo fatto di essere vecchie. Così agevolando chi inquina di più e circola con mezzi poco sicuri. Ma perché questo gap tra intento lodevole e modesta realtà? Perché la nostra cultura ci impedisce di essere selettivi. La nostra cifra di fondo, cattolica sotto e comunista sopra, è inclusiva. Un elenco di auto di valore storico dovrebbe essere invece quanto di più esclusivo si possa immaginare. Non limitato a requisiti oggettivi, quali l’età, ma costruito sulla base di giudizi espressi da un pool di esperti, appassionati quanto snob, ovviamente.

Dovrebbero litigare genuinamente su questo o quel modello, magari accordandosi solo su una specifica versione o motorizzazione. Potrebbero discutere settimane su un’Alfa Romeo 164, ma nemmeno un minuto sull’Arna. Di fronte a un elenco simile, sorgerebbero le solite questioni: chi decide quale è storica? Perché la mia Toyota Corolla non può esserlo? Allora verrebbe fuori la nostra debolezza, l’incapacità di conferire oggettività all’estetica, a valutazioni di qualità e di valore. È lo stesso limite che oggi impedirebbe di costruire villa Malaparte a Capri e che invece consente, a debita distanza dal mare, l’edificazione di veri mostri. Come se fuori dal demanio noi potessimo sopportare le cose brutte. Perché?

Perché dovremmo sancire che qualcuno ha gusto e qualcuno no. Che ci differenziamo non tanto per altezza, peso e colore dei capelli, quanto per quello che abbiamo dentro. Conoscenze, valori etici, educazione all’estetica, da cui scaturire la capacità di posizionare le auto dentro un periodo storico che ci supera, immaginando come le giudicheranno i nostri nipoti, se ci ringrazieranno per averle conservate.

In conclusione, non abbiamo un elenco ristretto e rigoroso di auto storiche perché non abbiamo la volontà e la forza di affermane la portata filosofica. Chi pensa che uno-vale-uno sia un pensiero solo grillino circoscrive troppo il problema.

*Direttore di Fleet & Mobility

1 Comments

  1. maximilien1791 says:

    Un punto di vista miope che non considera una realtà molto semplice e cioè che l’inquinamento non dipende solo dalla classe Euro ma anche dal numero di chilometri che si percorrono ogni anno, perché tra l’altro nelle emissioni rientrano anche la polvere dei pneumatici , quella di freni e l’inquinamento indiretto per portare ad esempio il carburante dalla raffineria alla pompa di benzina.

    La cosa che fa arrabbiare le case automobilistiche è che la gente tiene l’auto finché funziona e non la cambia ogni 4 – 5 anni. E la colpa è che le auto oggi fanno molti più chilometri di una volta.

    Ma allora perché dovrei essere obbligato di sostituire l’auto che soddisfa le mie esigenze di mobilità per una nuova ? Solo perché ci hanno messo un motore che gira come un frullatore grazie al downsizing e un telefono Android da 90 euro che mi fanno pagare 3000 perché lo chiamano “infotainament” ?

    Ma chi volete prendere in giro ?

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