Quando si lavavano le strade

di Luca M. Apollonj Ghetti

Durante l’ultima riunione di Fleet & Mobility, avvenuta lo scorso 20 aprile, uno degli oratori, parlando di inquinamento, spiegava che le polveri sottili si depositano sulla strada e poi vengono sollevate dal passaggio delle auto. Faceva presente come il lavaggio delle strade avrebbe potuto comportare benefici importanti in termini di pulizia dell’aria. Ho sentito un mormorio nella sala e qualcuno ha anche sorriso a questa idea.

Mi sono reso conto che le buone abitudini si perdono con facilità: mi sono rivisto andare alle elementari a piedi con i miei fratelli e incontrare tutte le mattine lo spazzino che era fiero di esserlo. Ora sarà che chiamandosi operatore ecologico non sa più bene quale sia il suo compito, ma li vedo sempre o troppo spesso al bar o seduti a chattare nei loro mezzi ecologici alimentati dalle batterie o con motori a metano o più spesso a gasolio.

A regola d’arte

Tornando al mio spazzino (rigorosamente sempre lo stesso tutte le mattine), lo ricordo con la sua brava pompa dell’acqua allacciata alle manette poste sui marciapiedi e coperte da un piccolo coperchio di ghisa, intento a lavare i marciapiedi e in parte la strada sotto le auto in sosta. Si assicurava anche che i tombini di deflusso non fossero otturati e ne curava la pulizia. Il mio spazzino era molto simpatico e sarebbe molto bello se fosse ancora vivo e potesse leggere questo mio ricordo. Ogni volta che ci vedeva arrivare in tre, quasi di corsa, minacciava di schizzarci e così io e i miei fratelli dovevamo fare un salto nello stesso preciso istante nel quale lui alzava di pochi centimetri il getto della pompa. Quindi, posso testimoniare che alla fine degli anni ’40 primi-anni ’50, a Roma si lavavano strade e marciapiedi con frequenza giornaliera. Né abitavo in un posto elegante perché abitavo a due passi dalla stazione Termini.

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