Io e la Dallara Stradale 

di Nicola Ciniero* 

Varano de` Melegari, 22 novembre, autodromo Riccardo Paletti. Entro senza fatica nella Dallara Stradale. Regolazione della pedaliera come un prototipo, cinture allacciate, al mio fianco c’è Marco Apicella, che con Loris Bicocchi, ha sviluppato e testato le diverse messe a punto del bolide. Accensione, metto la prima e incomincia la prova su pista di quella che definisco la miglior vettura da me guidata, quella che per me diventa il riferimento assoluto.
Primo giro per comprendere come reagisce, ma in realtà sono bastati la prima chicane e il tornante per realizzare che avevo in mano il sogno di qualsiasi pilota.
La configurazione è quella con set up standard stradale. Grande comfort nell’abitacolo, perfetta percezione degli ingombri. Lo sterzo sembra magico, le ruote vanno dove le metti. I freni sono esaltati da una massa di soli 855 kg. Accelerazione da paura, più schiacci e più la macchina si incolla al suolo. Inizio a tirare, l’assetto è perfetto, la tenuta laterale sembra strapparmi il collo, ma non faccio fatica. Penso di controllare la macchina, ma in realtà non ce n’è bisogno. Mai avuto la sensazione di avere un telaio così bilanciato, davvero perfetto, senza esitazioni, preciso da sembrare un formula. 

Una prova indimenticabile 

Il cambio è eccellente, motore coppioso, potente e molto elastico. Arrivo alla Ickx, quarta-terza, pelata di freni e la Stradale vola verso il ferro di cavallo. Aspetto la chiusura della seconda curva a sinistra… il muso si mette alla corda con un lieve movimento di sterzo, non ci credo, lì si «smusa» sempre se si entra un po` forte. Frenata, seconda, aspetto un attimo ad aprire perché la modifica del cordolo in uscita sul rettilineo può far male. Spalanco il gas, butto tre marce, l’aria non si sente, il telaio si schiaccia a terra… staccatona in fondo al rettilineo, ma mi accorgo di aver frenato come un pivello in anticipo.
La chicane la faccio come un chirurgo, due colpetti di sterzo e via verso il tornante. Marco mi dice: «Lascia la terza». Ok, frenata, corda, vedo l’uscita e spalanco a ruote ancora leggermente sterzate senza un sussulto o indecisione. Realizzo di essere desto, non sto sognando. La macchina è piatta, realmente incollata, il downforce si sente già a basse velocità. Alla chicane opposta al rettilineo taglio sul cordolo, la macchina non li sente letteralmente. Tengo giù, sento il cuore in gola, ma tanta sicurezza percepita. Faccio altri tre giri, sbaglio apposta qualche traiettoria, ma la vettura non se ne accorge. Continuo a pensare a quei 600 fortunati che entreranno in possesso di questa meraviglia dalla quale non scenderei più. 

Si torna alla realtà 

Box, esco, la guardo, mi tolgo il casco. Ripenso ai giri in pista e mi rendo conto che praticamente non ho mai sentito l’elettronica intervenire. Guardo le gomme, dalla dimensione capisco che telaio e geometria delle sospensioni consentono dimensioni che rispetto alle altre concorrenti sono ridotte. Non c’è bisogno di molta gomma. Il motore, poi, è davvero una sorpresa, non si può descrivere, bisogna provarlo. Ho corso in macchina da gentleman driver per quasi 20 anni, ho guidato di tutto nel vero senso della parola. Questa volta mi rimane scolpito nella memoria un bilanciamento, un equilibrio e una facilità di guida che ritenevo non potessero esistere. Nella Motorvalley parmense non hanno realizzato un sogno, stanno iniziando a consegnare 600 realtà.
Difficile dire bravo Giampaolo, bravo Andrea…bravi tutti, anzi unici tutti, orchestrati e diretti da un modo di lavorare basato su passione, tecnologia, competenza, amore e tanto sano tricolore. 

*Vicepresidente di BePooler 

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