(Per gentile concessione della direzione di “Motociclismo”, che ringraziamo, pubblichiamo l’intervista ad Andrea Dell’Orto, l’imprenditore milanese neopresidente di Confindustria Ancma)

 

Dell’Orto, un presidente internazionale


“Il mio sogno è un piano della mobilità che parta da Milano e diventi nazionale” – “Eicma è un grande evento destinato a diventare anche uno show internazionale” – “Aiutare l’elettrico? Sono contrario agli incentivi: gonfiano mercati destinati poi a sgonfiarsi” – “L’industria 4.0 può attrarre le grandi aziende straniere sul nostro territorio” – “Avvierò un processo di internazionalizzazione attraverso importanti azioni di lobbying a Bruxelles”

La Dell’Orto è un’eccellenza dell’industria prima meccanica e poi elettronica cresciuta nel centro della Brianza, cuore pulsante della produzione dell’automotive e non solo. Il quartier generale di Cabiate (Como), si incunea con orgoglio nella lunga teoria di mobilifici. Crescere un impero della metalmeccanica dove pullulano i mastri che lavorano il legno ha come un valore simbolico: questo signore, il vicepresidente esecutivo Andrea Dell’Orto, sa come distinguersi.

Cosa contrassegnerà fin da subito il suo operato da neopresidente di Ancma?

“È un incarico di grande responsabilità per me, che sono vicepresidente Assolombarda, perché Ancma rappresenta tutti i costruttori di moto, componentistica e accessori, oltre alle bici e ai quadricicli. Andrò nel solco della continuità rispetto al lavoro iniziato dal mio predecessore Corrado Capelli, che ha preso in mano Ancma 8 anni fa in un momento in cui necessitava di una grossa riorganizzazione e ha fatto tante buone cose”.

Non mi dica che non ha già in mente un progetto ambizioso e tutto “suo”.

“Insieme alle istituzioni vorrei mettere a terra un nuovo piano sulla mobilità. Ci sono tante iniziative, ma un vero piano condiviso non c’è. L’idea sarebbe di farlo partire da Milano per poi renderlo regionale e infine nazionale”.

Che contributo può dare oggi un grande imprenditore come lei a un’associazione?

“Sono tempi in cui le associazioni devono essere efficienti come un’azienda. Ancma deve stare in piedi da sé, e per farlo occorre alzare il livello di rappresentanza. Dovremo cioè sederci ai più importanti tavoli istituzionali, non solo quelli dei ministri e dei sottosegretari. Credo che vada alzata l’asticella puntando dritto a Bruxelles, dove ormai vengono prese tante decisioni che contano”.

In un processo di internazionalizzazione quanto conta avere la fiera di moto più grande del mondo?

“Il Salone della moto di Milano è l’asset più importante che ha Ancma (Eicma spa è di proprietà Ancma, ndr). Quest’anno è stato un altro grande successo, il prossimo passaggio sarà cercare di rinforzarsi ulteriormente esportando il nostro brand all’estero. Voglio ringraziare il Presidente Montante per il lavoro svolto e per aver preso un evento in difficoltà come era Eicma e averlo rilanciato fino a questo livello. Io l’ho accompagnato in questo percorso perché sono parte del cda insieme a lui. La sfida sarà trasformare l’evento in un grande show internazionale”.

Torniamo ad Ancma: quando intreccerete rapporti ancora più stretti coi “cugini” europei di Acem?

“Abbiamo un’ottima collaborazione con loro ma dobbiamo sicuramente rafforzarla. Al momento abbiamo dato la priorità alla efficienza della nostra associazione, ma guai a perdere di vista il motivo per cui le aziende si iscrivono ad Ancma: l’azione di lobbying”.

Perché, nonostante un costo di poche migliaia di euro all’anno, alcune aziende non si iscrivono?

“Il fatto che alcuni player del mercato ci ignorino mi rassicura del fatto che abbiamo ampi margini di miglioramento. Probabilmente qualche azienda non ha ancora capito l’importanza di associarsi ad Ancma, di certo noi non siamo stati capaci di comunicarla. Magari alcuni importanti attori del mondo della moto sono iscritti a Confindustria e non sanno che avere un doppio inquadramento dà sicuramente dei vantaggi, soprattutto nel nostro settore”.

La rappresentanza non basta se non si offrono anche servizi.

“Ancma è organizzata per settori, ognuno dei quali ha un responsabile che risponde alla presidenza. Ci sono la divisione moto, quella della componentistica, dei caschi, ecc. Già oggi riusciamo quindi a offrire dei servizi dedicati, in particolare per le imprese più piccole, che difficilmente riuscirebbero a ottenere ciò che può offrir loro un’associazione ben strutturata come la nostra”.

Quanto conta la sicurezza, su cui tanto ci stiamo battendo, per rilanciare il mercato?

“Bisogna lavorare tutti quanti sui dispositivi elettronici di assistenza alla guida fino all’abbigliamento tecnico certificato. Ma il lavoro più importante di rilancio va fatto sui giovani perché la moto, soprattutto dai loro genitori, è considerata ancora un mezzo troppo pericoloso. Invece la moto è una cosa bella, utile, quasi necessaria se si considera come sono sempre più congestionate le nostre città. La mia ambizione è di riattivare un progetto di sensibilizzazione che parta proprio dalle scuole”.

Non ha parlato dei guard-rail, che come sappiamo bene, in Italia, sono uno dei più grandi nemici dei motociclisti.

“Questo discorso è molto più complicato perché ha una ricaduta a livello infrastrutturale, e su questo fronte occorrerà misurarsi con il nuovo governo, che ci sarà a marzo”.

C’è poi un mercato piccolo ma in forte espansione come l’elettrico: a quando qualche incentivo?

“Io non sono un patito degli incentivi perché tendono a gonfiare mercati che poi inevitabilmente si sgonfiano. L’elettrico su due ruote deve trovare una sua collocazione diversa da quella dell’auto perché la moto è anche passione, e non si può affrontare il tema nello stesso modo”.

Come contrasterete l’introduzione sul nostro mercato di prodotti contraffatti che arrivano generalmente via web?

“Sulla contraffazione bisogna lavorare tanto, soprattutto a livello europeo. Occorre stabilire regole chiare e portare avanti un lavoro di lobby. Certi attori devono sottostare alle regole del Paese in cui operano. Ma questo non è solo un problema legato al settore delle due ruote, è qualcosa di ampio”.

Honda ha una sua fabbrica in Italia: come si potrebbero attrarre altre grandi industrie nel nostro Paese?

“Bisognerebbe avere delle condizioni favorevoli per fare impresa, ma questo dipende solo dal governo. I nuovi sviluppi della digitalizzazione nella direzione dell’industria 4.0 potrebbe attrarre anche grandi aziende”.

L’offroad vale almeno il 10% dell’indotto del nostro settore, ma ha un reale problema di sopravvivenza.

“Il fuoristrada è un settore molto importante per noi. Lavoreremo per ottenere regole più chiare e condivise con tutte le sigle ambientaliste, in particolare per la pratica dell’enduro, e cercheremo di avviare un dialogo anche con il ministero dell’Ambiente. Bisogna però darsi noi per primi delle regole da rispettare prima di sedersi a discutere con il governo”.

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