Che bello essere “centaura”

Che bello essere “centaura”

di Carlotta Adreani

Molte persone nascono da casi importanti nel traffico: sono una scuola, fanno le commissioni, si godono e prestazioni nel bene settimana. Donne e moto, un binomio perfetto . Le ammiriamo ai Saloni in sella alle due ruote più prestazionali; giovani e belle, sono il mezzo ideale per promuovere le novità in arrivo sul mercato, lo strumento prediletto per attirare l’attenzione maschile . Ma quando sono loro a guidare, fa tutt’altro effetto. La donna amazzone, è il massimo nell’immaginario collettivo. Trasmette libertà, determinazione, emancipazione.
Le più appassionate inforcano moto potentissime, ma la gran parte predilige veicoli meno pesanti e più maneggevoli : semplici scooter o moto di piccola cilindrata dalla sella bassa, perché toccare terra con le due ruote dei piedi . Mezzi ideali per evitare il traffico, muoversi in città nel minor tempo possibile e non pensare mai al parcheggio; la borsetta dentro il baule, la guida disinvolta e anche un po ‘sfrontata.
Il mondo delle motociclette sta crescendo, e lo dimostra anche la grande attenzione delle parole.
Eppure, molti uomini sono molto più difficili da considerare, soprattutto se prestazionali. Gli stereotipi sono ancora, forse, troppo difficili da scardinare. E pensare che ci abbia provato in tante. È dagli anni ’20 che le donne si cimentano in sella alle due ruote. La pioniera è stata Vittorina Sambr i: vincita una corsa dopo l’altra, suscitando l’invidia dei colleghi, la prima campionessa di motociclismo in Italia , ma gli uomini si sono rifiutati l’idea di poter essere battuti da una «lei». E così la chiamavano Vittorio, facendo intendere che il caschetto nero è celasse un centauro.
Poi è arrivata la Vespa. Il simbolo della motorizzazione di massa e del boom economico. Potevano guidarla indossando la gonna e senza sporcarsi. Oggi molte donne italiane si affrontano il traffico cittadino su due ruote, sicure delle loro capacità e padrone del mezzo. Proprio come gli uomini.

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