I modelli “green” testati davanti al castello di Pandino (Cremona)

Mobilità 2.0, auto “verdi” anche senza scossa

a cura di Safe-Drive

(le foto sono di Thomas Maccabelli)

Auto “verdi”: il dado è tratto, ma la confusione è sempre più grande. Sotto il titolo “Salviamo il pianeta tagliando l’effetto serra”, si compiono azioni di difficile interpretazione. Non solo dai politici che tirano l’acqua al loro mulino pur di conquistare una manciata di voti. Ma anche dagli esperti, che si issano su barricate contrapposte. A chi dice, dati alla mano, che i propulsori Diesel sono quasi dei toccasana rispetto ai motori a benzina, c’è chi li definisce, sempre con ampia documentazione, alla stregua degli untori di manzoniani che diffondevano la peste.

Il discorso ovviamente è molto più ampio. Non ci si può limitare a valutare solo le emissioni considerate nocive per l’umanità. Occorre invece esaminare anche quelle dannose per il pianeta Terra. Se il signor Bianchi decide di comprare una vettura elettrica per sostituire la sua a gasolio, deve sapere che quando esce dal concessionario l’auto nuova che fa “zzzzz” ha già prodotto un’enorme quantità di CO2 per la fabbricazione delle batterie. A complicare le statistiche viene poi il capitolo “che tipo di energia utilizzerà per fare il pieno di Watt”. Se è prodotta con combustibili fossili come il carbone o gli oli pesanti ogni km percorso non sarà a emissioni zero, ma gravato dalla CO2 creata a monte, nella fase di produzione dell’energia. Per dirlo in modo chiaro, un’auto elettrica solo in pochi Paesi al mondo emette livelli di CO2 inferiori a quelli dei veicoli spinti dai motori a scoppio. In Islanda, Norvegia Brasile, Francia, dove l’energia è geotermica, idroelettrica, nucleare, il livello di CO2 resta compreso tra 70 e 93 grammi al chilometro. Dalle altre parti nisba… il confronto è pari se non addirittura perdente. In Canada si sale a 115, in Spagna e Russia a 155, in Germania a 179, in Cina a 258. L’Italia in questa classifica si colloca in una zona intermedia. Intorno ai 170 grammi di CO2 per km. Chi volesse saperne di più può consultare il “Journal of Industrial Ecology”, dal quale sono stati tratti i numeri qui pubblicati.

Ma anche nella produzione del particolato (PM 2,5), secondo le analisi dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, le sorprese non mancano. A inquinare di più con le polveri sottili sono il riscaldamento delle nostre case con il 38%, l’allevamento intensivo di animali con il 15,1, l’industria con l’11,1 e al quarto posto i veicoli con il 9,2%. E quando si parla di veicoli si intendono tutti i mezzi, dai bus ai Tir alle auto ai veicoli commerciali, anche quelli costruiti una ventina di anni or sono senza filtri, sonde Lambda, catalizzatori.

Questa lunga premessa per dimostrare che gli scheletri ambientali si trovano negli armadi di tutti e che ancora per quattro o cinque lustri la convivenza tra motori a combustione, ibridi, elettrici, a idrogeno sarà indispensabile, anche se i politici faranno di tutto per complicare “la mobilità individuale”.

Nasce con questo spirito lo speciale di Safe-Drive dedicato alla mobilità 2.0 vista attraverso vetture che hanno ancora assicurano almeno un decennio di vita e che utilizzano tecnologie classiche ma all’avanguardia, capaci didiminuire l’impatto ambientale portandosi grazie alla soglia 90-100 grammi di CO2 al km, ma anche molto meno.

Naturalmente per appuntarsi sul petto la medaglia di automobilista green occorre conoscere e seguire i consigli dei partner tecnici di Safe-Drive. Per esempio Bosch attraverso le sue info di navigazione può consigliare percorsi alternativi se ci sono intoppi o traffico intenso facendo risparmiare carburante. Rhiag ricorda che una manutenzione programmata puntuale con la sostituzione dell’olio lubrificante e dei filtri assicura un corretto funzionamento del motore con un taglio dei consumi anche dell’1%. Importanti anche le gomme non solo per la sicurezza ma anche per limitare le emissioni nocive come ricorda Hankook che suggerisce di verificare spesso la pressione. Pneumatici gonfiati secondo i dati di omologazione scorrono meglio, sono meno rumorosi, fanno risparmiare anche lo 0,8% di carburante, producono meno polveri sottili. Un assist per Alcar, che ha fornito cerchi personalizzati per i modelli del servizio, ruote in lega leggera non solo eleganti ma anche sicure e meno pesanti di quelle in acciaio e si sa che meno peso equivale a minor consumo.

Citroën C1 VTI 5 porte

(85 g/km di CO2)

di Michele Fontana

Citroën C1 non cede alle tentazioni, nessun compromesso, nessuna apertura al crossoverismo. Lei è una vera city.car, diretta discendente delle utilitarie, per intendersi; misure estremamente compatte (ma in grado di ospitare comodamente 4 persone), economica e divertente. Condivide la piattaforma, e molta tecnologia, con Toyota Aygo e Peugeot 108 e si dimostra generosa anche in fatto di sicurezza, sia passiva che attiva.

Ma c’è di più, ed è proprio quello che va a fagiolo dello speciale mobilità 2.0: Citroen C1, oltre alle misure riduce anche i pistoni; il mille tre cilindri sviluppato dal gruppo Psa rappresenta un esempio riuscitissimo di downsizing. Che significa meno consumi e meno emissioni. Questa l’estrema sintesi. Ora diamole uno sguardo più dettagliato.

C1 è simpatica, tranquillizzante, e offre sedute anteriori comode, poggiatesta integrati, sedili ben regolabili, un doppio porta bibita e prese Usb e Aux a portata di mano. Lo schermo è un touch da 7 polliciabbinabile allo smartphone. Va detto che la comodità dei sedili anteriori non la si riscontra in quelli posteriori. Ma di più non si può chiedere da una vettura lunga appena 347 cm e larga, o meglio, stretta 164 cm. Il baule è di 196 litri che salgono a 780 rinunciando ai posti dietro.

Ma veniamo al motivo della nostra presa di contatto con C1, il motore. Questo benzina VTI da 998 cc, per l’esattezza, eroga 72 cva 6.000 giri, omologato Euro 6.2D, consente alla citycar francese di superare ogni più difficile prova in fatto di emissioni nocive. I numeri parlano di 88 g/km di CO2 e 25,6 km con un litro di carburante.

Un piccolo portento ingegneristico ottenuto agendo su diversi fattori: la leggerezza, l’allungamento della corsa dei pistoni, l’ottimizzazione della termodinamica in camera di combustione, ma soprattutto la riduzione degli attriti del 30%. Un dettaglio non da poco se si considera che da soli gli attriti assorbono un quinto della potenza motore.

In città si muove come uno stambecco tra le rocce. Piccolo e unico neo il raggio di sterzata. Non è da record, ma nemmeno causa gravi problemi. Pronta nelle ripartenze, dà il meglio di sé ai bassi regimi. La minor brillantezza in ripresa, invece, è dovuta a rapporti alti più lunghi, così tarati con lo scopo di contribuire a contenere i consumi. Tutto fa brodo.

Sorprendente invece il comportamento fuori città, e perfino in autostrada. Anche alle velocità più sostenute, lo sterzo è preciso e l’avantreno non si alleggerisce, a beneficio della tenuta di strada. Aumenta il rumore del tre cilindri, è naturale, ma senza diventare fastidioso. In conclusione, C1 oltre a essere esteticamente intrigante e di carattere, costituisce una sorta di quadratura del cerchio in fatto di emissioni e prestazioni piacevoli, senza dimenticare l’elevato grado di sicurezza che comprende Esp, sei Airbag, sensori di pressione delle gomme, sistema di limitazione della velocità e perfino controllo di arretramento in salita.

Ecco il prezzo di questa versione Urban Ride: 13.250. Ma la gamma di C1 parte da 10.150 euro.

Per ultimo, è bene ricordare a beneficio di chi ama viaggiare a cielo aperto che esiste anche la versione Airscapecon con tettuccio in tela, apribile addirittura elettricamente.

DS 3 Crossback

(85 g/km di CO2)

di Marta Covioli

Dire DS è come dire stile: la Casa francese si è ormai imposta come una vera icona di design, comfort e tecnologia. E lo dimostra DS 3 Crossback, la nuova Suv taglia small. La sua linea ricorda quella della sorella maggiore DS 7, solo che è meno imponente, ma altrettanto precisa e studiata. Il logo DS campeggia sul frontale al centro di una mascherina dalle dimensioni generose, contornata da fari a Led e luci che scendono verticalmente fino al paraurti. È sulla fiancata che si trova una delle particolarità di questa vettura: le maniglie a scomparsa, che fuoriescono quando ci si avvicina all’auto per aprirla mentre quando sono chiuse conferiscono alla crossover una linea ancora più pulita. Completano il look degli esterni cerchi in lega da 18 pollici e terminale di scarico cromato.

Resta il fatto che nell’ottica di una forte riduzione delle emissioni di CO2, alcune Case automobilistiche hanno già lanciato sul mercato veicoli decisamente più virtuosi. Tra queste non manca il marchio francese DS. In particolare in relazione alla crossover DS 3 Crossback, equipaggiata con motori decisamente performanti, tra cui un Diesel, denominato BlueHdi 1.5, da 102 cv. È quello usato nella prova “Mobilità 2.0”, un quattro cilindri ecologico, capace di garantire emissioni al di sotto della soglia dei fatidici 100 grammi di CO2 per km, molto vicini ai 95 grammi stabiliti dall’Ue come limite per non pagare multe green. 

Infatti, i dati provvisori diffusi dalla Casa francese indicano in 97 g/km di CO2 la performance su strada pari a 22,2 km con un litro di gasolio, ma nella prova “Mobilità 2.0” i risultati conseguiti e registrati sul computer di bordo hanno indicato una percorrenza sul misto di quasi 25 km per litro di gasolio. A favorire la realizzazione di questa media di certo hanno contribuito le condizioni delle strade intorno a Pandino, con un traffico quasi inesistente, le strade strette perfette per godere del piacere di guida, senza strafare, di una vettura a trazione anteriore con un cambio manuale a sei marce. Come succede sempre quando si arriva al confronto delle cifre, la DS 3 Crossback Diesel in fatto di emissioni bagna il naso alla versione a benzina di potenza equivalente, la 1.2 da 100 cavalli che percorre 18 km e mezzo con un litro di verde ed emette 107 g/km di CO2.

Tra le sofisticate tecnologie destinate ad accrescere la sicurezza è da citare il nuovo Active Safety Brake, un dispositivo di frenata d’emergenza dotato della capacità di intercettare e capace di individuare eventuali ostacoli tra cui anche pedoni e ciclisti, in grado di lavorare anche quando la notte prende il posto del giorno. Inoltra questa crossover esclusiva ha già tutto il necessario, dallo stare in corsia a mantenere la distanza dal veicolo che precede, per garantire una vera guida autonoma di secondo livello.

Per acquistare DS 3 Crossback si parte da una base di 26.200 euro. Chi però è già orientato a posteggiare in garage una vettura elettrica, può puntare sulla versione a emissioni zero E-Tense. Il listino è già ufficiale e parte da 39.600 euro mentre le prime vetture arriveranno a fine 2019.

Fiat Panda 1.2 Easypower Gpl

(116 g/km di CO2)

di Giovanni Bodini

“Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani!”, questa l’affermazione attribuita a Massimo D’Azeglio una volta raggiunta l’unità politica e geografica del nostro Paese. Con le dovute proporzioni, sì può sostenere che in anni più recenti, Panda abbia contribuito non poco a unire gli italiani riscrivendo il concetto di utilitaria e di mobilità e rilanciando lo slogan: “Se non ci fosse bisognerebbe inventarla”. E quando si parla di mobilità sostenibile e si analizzano le crude cifre si scopre che Fiat Panda nel suo piccolo è una grande macchina. Forte di oltre 7 milioni e mezzo di veicoli venduti dal suo esordio nel 1980 Panda, ormai alla sua terza generazione di vetture, continua a riscuotere un grande riscontro commerciale laureandosi anche nel 2018 campione di vendite in Italia.

Il segreto di questo successo? Essenzialità, funzionalità, dimensioni ridotte e un’attenzione sempre maggiore verso le nuove tendenze del mercato, i consumi e la riduzione delle emissioni nocive. Sul piano dei consumi, invece, la city -car Fiat si comporta bene sia a benzina con un consumo dichiarato su ciclo combinato di circa 20 km/litro la verde e di 13,9 km/litro il Gpl che costa un terzo in meno della verde. Notevoli i 1.100 km di autonomia complessiva per un risparmio che, avanzando solo a Gpl, si attesta sul 50%.

Non male per un’auto che parte dagli 11.550 euro della versione a benzina e che nella versione Easypower benzina-gpl provata nello speciale “Mobilità 2.0” costa 14.550 euro.

La nuova Panda è lunga 371 cm, larga 167 e alta 166 e dispone di un bagagliaio da 225 litri fino agli 840 a divanetto reclinato. Dal punto di vista estetico non presenta particolari novità rispetto alle versioni precedenti. I volumi restano squadrati e muscolosi e le linee si confermano morbide dagli angoli smussati. Gli interni, per quanto minimali e composti da plastiche rigide, risultano gradevoli, colorati e a loro volta armoniosi alla vista. Al posto di guida lo spazio non manca grazie ai sedili e al volante regolabili, quest’ultimo però solo in altezza. Anche dietro si sta comodi fino a un massimo di quattro persone, con un quinto posto opzionale come il divano divisibile.

Tuttavia le novità si registrano sotto il cofano con l’abbandono della motorizzazione diesel in favore del 1200 quattro cilindri a benzina da 69 cv come motore di accesso alla gamma. Alla guida della Easypower benzina-Gpl la sensazione della tenuta di strada è di sincera stabilità grazie alle sospensioni efficaci che assorbono senza difficoltà le asperità del terreno e al netto di qualche fruscio aerodinamico in autostrada dove il quattro cilindri si rivela piuttosto sprintoso e vivace. Da parte sua lo sterzo si comporta bene, è preciso, maneggevole epuò essere ulteriormente alleggerito dalla funzione “City” utile nei parcheggi, e fa squadra con un cambio molto pratico posizionato appena sotto la plancia. Ottima la visuale sulla strada grazie alla posizione di guida alta e ai finestrini ampi.

In tema di assistenza alla guida, Panda offre la frenata automatica d’emergenza, il controllo dell’arretramento in salita, il computer di bordo, il servosterzo dual drive. Potrebbe avere una dotazione di serie più ampia, ma quando si guida si scopre una dote non comune: la capacità di trasmettere in anticipo a chi sta al volante il raggiungimento dei limiti di sicurezza.

Kia Sportage 1.6 CRD ibrida diesel

(110 g/km di CO2)

di Jacopo Mattei

La Suv bestseller di Kia si rinnova. Gli ingegneri Kia coreani non si sono risparmiati nell’apportare un restyling alla Sportage 2019 che parte dagli esterni, passa dall’abitacolo e arriva fin sotto al cofano dove debutta una motorizzazione elettrificata: un sistema Mild Hybrid (ibrido leggero) in grado di ridurre consumi ed emissioni. È questa la novità più importante che proietta la Sportage nel mondo delle auto green. Per prima cosa occorre ricordare che una vettura con un gruppo propulsore ibrido leggero non va praticamente mai in elettrico puro se non per qualche decina di metri. Infatti, seduti al posto di guida non si trova nessun comando che consenta di avere una modalità di guida totalmente elettrica. In compenso, rispetto ai più sofisticati veicoli gulli-hybrid come la Toyota Prius, la Sportage pesa meno perché il pacco batterie è più leggero e tutti i componenti dell’elettrificazione sono meno invadenti.

Gli ingegneri Kia per questa soluzione ecologica hanno puntato su una batteria agli ioni di litio da 0,44 kWh a 48 volt, grande più o meno quanto una valigetta 24 ore, posta nella parte inferiore del bagagliaio. Quindi, hanno collegato con una cinghia il motore elettrico, che funziona come una specie di turbo e aiuta nelle partenze e ripartenze e nelle accelerazioni, al motore diesel a combustione da 116 cv.

Ecco cosa succede durante la guida. Quando si accelera e il motore elettrico entra in funzione la batteria manda la sua energia, circa 12 kW, per sostenere il motore termico che offre le prestazioni richieste consumando meno e tagliando l’emissione di gas. In decelerazione, cioè quando si frena o quando si rilascia l’acceleratore, l’hardware passa alla modalità generatore e ricarica la batteria.

Invece, per quanto riguarda il look, Sportage cambia nel frontale, ora più sportivo grazie al disegno del paraurti e alle nervature sul cofano. L’allestimento Gt Line offre i fari full led, così come i fendinebbia e i fari posteriori. Sulla versione top di gamma troviamo la caratteristica griglia Tiger Nose in colorazione gloss black e i cerchi in lega da 19 pollici a cinque razze. Grazie al disegno della fiancata, e al lavoro svolto in fase di progettazione, la linea risulta snella nonostante le dimensioni (448 cm di lunghezza, 185 di larghezza, 163 di altezza). Una nota di merito va allo spazio che permette ai passeggeri più alti di viaggiare in totale comfort. Molto se ne trova anche nel bagagliaio: da 480 litri a 1.470, con la seconda fila di sedili abbassata. Tanta la tecnologia a bordo: dalla telecamera che vede a 360 gradi all’acceleratore da crociera che frena e accelera come il veicolo che ha davanti. Comoda la telecamera anteriore e posteriore e il Lane Keep Assist, che durante la marcia mantiene il veicolo al centro della corsia.

Insomma, non è un’elettrificata sofisticata, ma gode di tutte le agevolazioni fiscali consentite dall’omologazione ibrida. A contribuire ulteriormente all’abbattimento delle emissioni, la presenza dei nuovi filtri Scr attivi contro gli ossidi di azoto e in linea con le normative europee Euro 6D temp. Naturalmente la nuova Sportageibrida a gasolio gode della garanzia Kia di 7 anni e ha un listino che parte da 28.000 euro.

Mercedes-Benz Classe E ibrida plug-in

(41 g/km di CO2)

di Alice Aschedamini

In tempi di demonizzazione del diesel, Mercedes-Benz propone una berlina a tre volumi spinta da un gruppo propulsore ibrido elettrico-gasolio ricaricabile, che si dimostra decisamente rispettoso dell’ambiente poiché associa a percorrenze record con un litro di carburante emissioni di anidride carbonica, il gas responsabile dell’effetto serra e di conseguenza del cambiamento del clima, molto limitate.

Si chiama Classe E 300de EQ Power ed è la prima diesel plug-in della Casa di Stoccarda che offre una potenza combinata di 306 cv. A spingerla il motore elettrico EQ Power di terza generazione che ha una potenza di 122 cv e 440 Nm di coppia abbinato a una nuova generazione di batterie al nichel litio manganese le quali forniscono un’energia pari a 13,5 kWh e attraverso una wallbox (un impianto elettrico dedicato) si ricaricano al 100% in due ore. L’altra faccia del gruppo propulsore è il nuovo turbodiesel 4 cilindri 1.950 cc e 194 cv di potenza, più compatto ed efficiente rispetto alla generazione precedente. È un motore che ha una coppia di 400 Nm, che può arrivare a una velocità massima limitata a 250 all’ora e si rivela decisamente silenzioso. La trazione è sulle ruote posteriori e il cambio un automatico sequenziale a nove rapporti.

La più classica delle berline con la Stella a tre punte offre un notevole spazio a cinque passeggeri, che anche nei posti posteriori possono allungare le gambe. È una vettura importante, un’auto di rappresentanza, lunga quasi 5 metri (492 cm per l’esattezza), larga 185 e con bagagliaio di 540 litri, perfetta per chi fa molti km all’anno e si cimenta spesso su lunghi percorsi. Ciò che colpisce a bordo di una vettura di questo target è la massima cura dei particolari, soprattutto nell’allestimento Premium Plus dell’auto protagonista del nostro servizio.

Il sistema ibrido plug-in garantisce prestazioni brillanti, ma i consumi e le emissioni si abbassano notevolmente: secondo i dati forniti dalla Casa di Stoccarda, la Classe E ibrida ricaricabile percorre 57 km con un litro di gasolio ed emette nell’atmosfera 41 grammi di CO2 al chilometro. Risultati impensabili e incredibilmente migliori se confrontati a una tradizionale Classe E a gasolio: la 350d da 286 cv nello stesso allestimento percorre 20 km con un litro ed emette 139 grammi di CO2 al km anche se pesa 220 kg in meno della ibrida plug-in.

Classe E 300de EQ Power è disponibile in versione berlina e Station Wagon e ha un listino che parte da 66.083 euro; ma i vantaggi nell’acquisto di un modello ibrido non sono da sottovalutare, soprattutto da quando numerosi Comuni, come quello di Milano, non permettono più alle vetture Euro 1, Euro 2, Euro 3 e anche Euro 4 di entrare in città.

Possedere un’auto ibrida plug-inpermette di non sottostare alle rigide regole in fatto di limitazioni alla circolazione, ma anche, in alcune regioni italiane, di essere esentatidal bollo e dal superbollo fino a tre anni dall’immatricolazione, di parcheggiare gratuitamente sulle strisce blu e talvolta di circolare nei giorni di blocco del traffico.

Suzuki Swift Dualjey Hybrid 4×4

(100 g/km di CO2)

di Mattia Madaro

Una delle Case automobilistiche che ha scelto di democratizzare la tecnologia “green” è Suzuki, che nel 2017 ha presentatocon la sesta generazione di Swift, la prima mild-hybrid a 48 volt. Il primo passo è stato quello di montare una piccola unità elettrica a supporto del motore termico con alimentazione a benzina: un aiuto nelle accelerazioni utile sia in termini di emissioni sia di prestazioni. 

 

Protagonista di “Mobilità 2.0” è perciò proprio la Swift DualJet equipaggiata con l’ibrido leggero: un sistema che supporta le accelerazioni utilizzando l’energia generata in fase di frenata. Questa energia viene immagazzinata nel pacco batterie collocato sotto il sedile del guidatore, una soluzione studiata in modo da non rubare spazio all’abitacolo e nella zona del bagagliaio,la cui capienza rimane invariata a 265 litri.

L’aspetto principale relativo allo sviluppo del progetto ibrido di Suzuki riguarda il contenimento della massa, con una maggiorazione di soli 6 kg sul totale. La Swift DualJet Hybrid a trazione integrale pesa infatti meno di una tonnellata. Pensare ibrido secondo Suzuki significa quindi, adattare senza rivoluzionare, i modelli in modo tale da non stravolgere il Dna dell’auto, bensì cambiarne la modalità di utilizzo. Un modo per avvicinarsi al mondo dei giovani, con una gamma semplice e compatta e con prodotti al passo dei tempi, in special modo per quanto riguarda le emissioni e i costi. Una scelta che non comporta l’impegno di un’auto full-electric, tra costi, vincoli di autonomia e tempi di ricarica. 

 

Il motore che spinge la DualJet Hybrid 4×4 è il 1.2 litri da 90 cv, che equipaggia anche Ignis e Baleno, propulsore scelto perché secondo i dati dichiarati emette 100 g/km di CO2 e con un litro di verde percorre una ventina di km. Numeri che premiano l’impegno della axa giapponese nella corsa all’ecosostenibilità, e visti i buoni risultati, probabilmente giustificano la mancanza di motori diesel nella gamma Suzuki.

Certo, l’anidride carbonica prodotta dai propulsori a gasolio è mediamente inferiore rispetto a quella prodotta dai benzina, ma è altrettanto innegabile che nel segmento della Swift l’unica rivale con trazione integrale è la Fiat Panda che anche nella configurazione turbodiesel con 125 g/km ha emissioni maggiori della giapponese. Per la giapponese, insomma, si tratta di un traguardo considerevole che le permette a tutti gli effetti di poter fregiarsi del titolo di auto amica dell’ambiente. La Swift 4×4 ibrida costa 19.490 euro.

 

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